La paura del virus ha fatto riscoprire il parto in casa: le storie di chi lo ha fatto

La paura del virus ha fatto riscoprire il parto in casa: le storie di chi lo ha fatto
di Stefania Vitti
Venerdì 14 Agosto 2020, 09:58 - Ultimo agg. 16 Agosto, 11:14
4 Minuti di Lettura

Il coronavirus ha scardinato la normalità, dalla scuola al lavoro, al divertimento senza tralasciare le ripercussioni in ambito sanitario ed economico. In questo contesto si inserisce, e non in maniera marginale, un altro aspetto della vita che ha subito un notevole sconvolgimento: il parto.

Partorire ai tempi del coronavirus, con le misure restrittive di contenimento del virus, in atto anche nei reparti di ostetricia e ginecologia, non è stata sicuramente l’esperienza che i neogenitori avrebbero mai potuto immaginare durante i nove mesi di gravidanza. Quello che può essere considerato tra i periodi più importanti per la vita di una coppia spesso si è trasformato in un momento di angoscia. In alcuni casi la paura del contagio, di dover affrontare tutto da sole non potendo avere accanto a sé i propri affetti ha spinto le donne a rivolgersi ad un’ostetrica per informazioni sul parto in casa o in casa maternità, non consapevoli del fatto che si trattasse di una decisione da prendere per tempo e non a gravidanza ormai conclusa e che presuppone una serie di condizioni che riguardano in primis la salute della mamma e del bimbo.

Ne abbiamo parlato con Simona Pantanella, ostetrica di Isola del Liri, cofondatrice della Casa della Maternità ‘L’albero Della vita’.

«La richiesta di partorire in casa è decisamente aumentata in questi ultimi mesi – racconta Pantanella – Ciò principalmente per due ordini di ragione: la paura di contrarre il virus e il bisogno di ricondurre il parto ad un evento più umanizzato in cui non ci sia separazione dal partner e dal bambino. In molte strutture, infatti, è stato negato l’accesso al partner sia nel momento del parto che in quello del travaglio, nonostante le indicazioni dell’OMS siano diverse».

La paura del contagio e della solitudine ha portato a frequenti richieste di assistenza da parte delle gestanti anche oltre la 32esima settimana, tempo massimo dettato dalle linee guida per aprire una cartella ostetrica ed avere il tempo di creare una relazione tra ostetrica e coppia. «In molti casi ci siamo trovate costrette a non poter accettare la richiesta - prosegue Pantanella - In ogni caso abbiamo offerto la possibilità di poter essere seguite nelle fasi precedenti e successive al parto in ospedale. La scelta del parto a domicilio deve essere sempre dettata dal desiderio di vivere l’evento nascita in un ambiente più intimo e familiare, senza medicalizzazione e non solo dalla paura del contagio, tenendo bene a mente che tutto questo è possibile in assenza di sintomi, diversamente non è possibile partorire a domicilio».

Un’esperienza incredibile testimoniata anche dalle due neomamme Marta Martino che ha partorito in casa ad aprile e da Irene Sardellitti divenuta mamma a luglio all’interno della Casa della maternità. Due esperienze diverse dalle quali è emersa, per le due donne, l’importanza di avere accanto il proprio partner. «Paolo – racconta Marta - è stato il mio sostegno. Volevo delle persone che mi dessero tranquillità. Lui mi sosteneva fisicamente mentre stavo partorendo; nonostante i dolori mi sentivo tranquilla, protetta, a mio agio. La discrezione delle ostetriche è stata eccezionale, erano presenti ma non invadenti».



Così come Marta anche Irene ha ribadito l’importante presenza del proprio compagno, Federico, nel dare alla luce la piccola Alice. «Ero orientata verso un parto più naturale possibile, avendo anche una gravidanza fisiologica che me lo permetteva. Ho partorito in acqua e sono venuta immediatamente in contatto con la mia bambina. Fondamentale per me è stata la presenta del papà, anche lui è entrato subito in contatto con Alice. Si crea un legame che non può ripetersi in nessun altro modo».

«Al di là delle motivazioni la curiosità delle donne in questi mesi ha avuto una notevole spinta. – conclude l’ostetrica - Speriamo che l’interesse proseguirà anche dopo il Covid perché le tante esperienze positive si stanno diffondendo, spezzando molti dei pregiudizi sul parto in casa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA