Battesimo e cresima, il vescovo cancella padrino e madrina: «Spesso presenza dettata solo da interesse»

Il vescovi di Sulmona, Michele Fusco. Battesimo e cresima, il vescovo cancella padrino e madrina: «Spesso la loro presenza è dettata solo da interesse»
Il vescovi di Sulmona, Michele Fusco. Battesimo e cresima, il vescovo cancella padrino e madrina: «Spesso la loro presenza è dettata solo da interesse»
di Patrizio Iavarone
Venerdì 17 Luglio 2020, 11:00 - Ultimo agg. 15 Febbraio, 13:20
3 Minuti di Lettura

Sarà che alla crisi della vocazioni è seguita quella dei “buoni cristiani”, sta di fatto che il vescovo di Sulmona -Valva, Michele Fusco, ha adottato ieri un decreto destinato a far discutere. Un ordine impartito in punta di diritto canonico, secondo cui la presenza di madrine e padrini nei sacramenti del battesimo e della cresima, è possibile ma non obbligatorio. Così dal primo agosto prossimo e per tre anni, con decreto “ad experimentum”, sono stati aboliti i “testimoni” nei due sacramenti principe del cristianesimo.

Pedofilia nella Chiesa, ora procedure standard: i vescovi denuncino a polizia e magistrati
Si allarga la richiesta sul sacerdozio femminile, «troppe donne abbandonano la Chiesa»

Niente più madrine e padrini, insomma, perché, dice il vescovo, «pur essendo brave persone, non hanno piena consapevolezza del ruolo a cui sono chiamati». Una generalizzazione, certo, che vale per molti, ma non per tutti, ma che spesso ha trasformato queste figure in comparse, «una sorta di adempimento formale, in cui rimane ben poco visibile la dimensione della fede - scrive Fusco - la scelta viene compiuta abitualmente con criteri e finalità diverse (relazione di parentela, di amicizia, di interesse), senza considerare lo specifico ruolo che il padrino o la madrina è chiamato a svolgere ovvero quello di trasmettere la fede che deve vivere in prima persona per poi poterla testimoniare. Inoltre – si legge nel decreto -, le situazioni complesse di tante persone proposte per assolvere questo compito rende la questione ancor più delicata».

Insomma sull’altare a garantire una vita da buon cristiano, ci sono spesso persone che non danno il buon esempio nella vita reale: divorziati e non praticanti che, secondo il vescovo, non possono essere modelli e che non rispondono ai criteri previsti per assolvere a questo impegno: «Persona matura nella fede, rappresentativa della comunità, approvata dal parroco - si legge ancora nel decreto emanato ieri che richiama una nota pastorale della Cei del 2003 -, capace di accompagnare il candidato nel cammino verso i sacramenti e di seguirlo, nel resto della vita, con il sostegno e l’esempio». La decisione del vescovo è stata a lungo discussa con i sacerdoti e i catechisti: una scelta coraggioso e di coerenza destinata a creare molti malumori, ma forse, chissà, a ridare il senso e il valore alle cose, a partire da quelle spirituali che troppo spesso vengono vissute senza consapevolezza di quello che si sta facendo. Ora inizia per i parroci la parte più difficile: spiegare ai fedeli, ma non troppo, il perché di questa rivoluzione della tradizione.
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA