«Non succede solo ad Hollywood»: l'urlo di una ginnasta scoperchia gli abusi nel mondo dello sport

«Non succede solo ad Hollywood»: l'urlo di una ginnasta scoperchia gli abusi nel mondo dello sport
di Delia Paciello
Mercoledì 18 Ottobre 2017, 23:15
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Altre voci arrivano dopo il grido lanciato dalla scrittrice Giulia Blasi, seguito da quello della nota attrice Asia Argento. Denunce che questa volta provengono dal mondo dello sport: dopol'ucraina Gutsu, che con un post su Facebook ieri aveva denunciato la leggenda bielorussa Vitaly Scherbo, oggi è la volta di McKayla Maroney, la ginnasta vincitrice dell’oro a squadre a  Londra 2012.

«La gente deve sapere che queste cose non succedono solo ad Hollywood. Succedono ovunque. Ovunque ci sia una situazione di potere favorevole agli abusi. Io avevo il sogno di andare all'Olimpiade e le cose che ho dovuto sopportare per poterlo raggiungere sono state inutili e disgustose», ha confessato in una lunga lettera postata anche su Twitter. Al centro delle accuse, il medico della Nazionale Usa, Larry Nassar, già in prigione e imputato di ben 22 capi d'accusa dallo Stato del Michigan.
 
Un mondo fatto di ricatti, battutine e mobbing vissuti spesso nel silenzio da giovani donne. Cose che avvengono in tutti i settori, a persone che provengono da realtà completamente diverse. E il comune denominatore è proprio la paura di denunciare. Ma il racconto della Maroney è davvero agghiacciante. «Nassar - racconta la ginnasta - ha iniziato ad abusare di me quando avevo 13 anni, spacciando le sue attenzioni per "trattamenti medici" e ha proseguito fino a che mi sono ritirata. A 15 anni ho vissuto la notte peggiore della mia vita: volavamo verso Tokyo per una gara e lui mi ha somministrato un sonnifero. Quel che so è che mi sono risvegliata nella sua camera d'albergo mentre lui effettuava i suoi presunti "trattamenti" medici. Pensavo di morire. Il nostro silenzio ha dato a lungo troppo potere alle persone sbagliate. E' ora di riprenderselo. Non è mai troppo tardi per denunciare».
 
Ora ha trovato il coraggio, e con lei altre 81 persone che si son date la mano testimoniando alla polizia le loro tristi esperienze. Difficile denunciarlo perché nell'ambiente «era considerato un dio», ha svelato una delle vittime, Jamie Dantzscher, bronzo a squadre a Sydney 2000, al rotocalco della Cbs. E sotto accusa anche i tecnici Bela e Marta Karoly, accusati di non aver impedito quanto accadeva pur essendone a conoscenza.

Un coro che si fa più forte per dare coraggio ad altre donne impaurite. Perché la cosa più triste è che spesso queste circostanze fanno sentire sporche le vittime, non i carnefici. Ma «questo è il momento di parlare, non di minimizzare». Lo ha scritto anche Asia Argento sui social.

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