Prima della Scala, ecco il menù del cuoco La Mantia: «I miei piatti sapranno di Rivoluzione»

Cuoco Filippo La Mantia
Cuoco Filippo La Mantia
di Rita Vecchio
Mercoledì 6 Dicembre 2017, 09:26 - Ultimo agg. 8 Dicembre, 11:54
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«I miei piatti alla Scala sapranno di rivoluzione». A parlare così, Filippo La Mantia. Sarà il cuoco siciliano lui a firmare i piatti della tradizionale Cena di Gala dopo la Prima di inaugurazione scaligera con Andrea Chénier diretto da Riccardo Chailly con la regia di Mario Martone. Due i piatti protagonisti: il “Risotto Gran Riserva Gallo al brodo di cappone, con marroni e cacio fresco” rigorosamente senza burro, e il “Falso magro di gallina". 


«Ho elaborato queste ricette leggendo la trama dell’Opera», racconta l’oste e cuoco che da tre anni ha lasciato Roma per aprire il suo ristorante nel cuore della città meneghina. «Il riso appartiene alla cultura milanese. E poi ho pensato al periodo storico francese in cui Chénier è ambientata. Molti erano i cuochi appartenenti alle famiglie nobili francesi che, trasferendosi in Sicilia, si inserirono nelle cucine dei cugini siciliani. Non c’era aristocratico nel Regno delle due Sicilie che non avesse nella sua buia, umida, ampia cucina un cuoco francese detto “Monsù”, dal francese Monsieur». 

La cena di Gala accoglierà come di consueto gli ospiti alla Società del Giardino, a due passi dal Teatro alla Scala, che per l’occasione sarà decorata da Margherita Palli, scenografa dell’opera, che firmerà alcuni complementi d’arredo “giacobini” ispirati alla Rivoluzione Francese. «Nel primo atto dell’opera - spiega la scenografa - la folla dei miserabili irrompe nel giardino d’inverno dei Conti di Coigny. Mi sono ispirata al libretto scegliendo materiali poveri: il candelabro fatto con tubi del gas che sembrano baionette ed è sovrastato dal berretto frigio con la coccarda tricolore portato dai Sans-culottes, i più radicali tra i rivoluzionari. Ho immaginato un’irruzione di rivoluzionari alla Società del Giardino, luogo della cena. Al loro ingresso gli ospiti troveranno ad accoglierli un Albero della Libertà come quelli che venivano issati nelle piazze delle principali città, decorati anch’essi con il berretto frigio e le coccarde».

 

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