La fuga da film di un italiano da Kiev: «Bombe e morti in strada, poliziotti coi kalashnikov». Il racconto choc

Gianluca, la lunga fuga dell'imprenditore italiano da Kiev
Gianluca, la lunga fuga dell'imprenditore italiano da Kiev
Giovedì 3 Marzo 2022, 19:09 - Ultimo agg. 19:39
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Una lunga fuga da Kiev, colpita dalla guerra, nella speranza di raggiungere prima la Moldavia e poi l'Italia. Per Gianluca Miglietta, imprenditore italiano originario della provincia di Torino, e per sua moglie, gli ultimi giorni sono stati contraddistinti da tanta paura e pochissimo sonno.

Gianluca Miglietta, originario di Chieri (Torino), era riuscito a lasciare ieri mattina la sua casa di Bucha, nei sobborghi di Kiev. Con la moglie Irina e i due cani, l'uomo ha lasciato la sua abitazione nel tentativo di raggiungere la Moldavia. In (quasi) costante contatto con lui c'è Rachele Sacco, consigliera comunale di Chieri e sua amica da tanti anni

«Quando siamo arrivati vicini al confine con la Moldova è stato come tornare alla vita.

Ora non vedo l'ora di rientrare in Italia. Sono esausto, ma felice». Sono le prime parole di Gianluca Miglietta, l'imprenditore di origine chierese che ieri è riuscito a lasciare la sua casa di Bucha, nei sobborghi di Kiev. A riferirle all'Adnkronos l'amica e consigliere comunale di Chieri, Rachele Sacco, che ha seguito passo passo il viaggio in auto dell'imprenditore partito insieme alla moglie Irina e ai due cani.

«È stato un inferno - ricorda l'imprenditore - sentivamo le bombe esplodere, la gente che moriva sotto i colpi dei cecchini per strada. Poi due giorni fa abbiamo saputo che gli scontri si avvicinavano a dove abitiamo noi, abbiamo preso quello che abbiamo potuto, le cose essenziali. Siamo fuggiti, in macchina, all'alba. Il viaggio verso la Moldova è stata un'angoscia, tra posti di blocco, soldati, spari e il timore di trovare i russi sulla nostra strada. Devo ringraziare gli amici italiani, Rachele, che ci hanno guidato verso la salvezza e non ci hanno abbandonato mai», conclude Miglietta.

Dopo non aver dormito per più di due ore a notte per tutta la settimana, Miglietta raggiunge alle tre di questa notte «una piccola stazione di servizio a Uma dove mi avevano dato appuntamento i diplomatici italiani, dove mi hanno detto che ci sarebbero venuti a prendere per scortarci al confine». Ci vorrà più di un'ora di tempo, nel buio assoluto, prima che i diplomatici arrivino. In questo lasso di tempo, racconta l'imprenditore, «a un certo punto vedo arriva una macchina della polizia. Spengo le luci, per non dare nell'occhio. Poi arriva una vecchia Rada, dalla quale scendono una decine di persone. Sono armati, hanno dei kalashnikov, penso che siano degli sciacalli». 

Miglietta allora si prepara, «metto in moto, pronto a scappare. Poi si identificano come poliziotti, chiedono i documenti, ci dicono che abbiamo violato il coprifuoco. Ho spiegato che stavamo aspettando i nostri diplomatici. Loro ci hanno accerchiato, per più di un'ora, fino a quando i diplomatici non sono arrivati. Per fortuna». A quel punto un nuovo controllo di documenti e poi la partenza, verso il confine. «C'era una coda di venti chilometri, grazie ai nostri diplomatici le procedure si sono accelerate», spiega cercando di mettere in ordine le idee. «Ho guidato da ieri mattina alle 10 senza chiudere occhio, sono esausto, non riuscirò mai a dimenticare quello che ho visto, quello che ho vissuto. Non potrò mai dimenticare quell'uomo che ha dovuto lasciare la mamma nel rifugio perché non poteva portala con sé, né quello che ho visto per le strade e che non riesco a raccontare», aggiunge.

«Se domani avrò le forze, vorrei subito rimettermi in viaggio verso Torino, ma non so se ci riuscirò. Devo un attimo provare a riprendermi». Dalla stanchezza e dallo shock. «L'Ucraina è un bel paese. Sono ai nostri anni 70 e 80, c'è una grande potenzialità di sviluppo per chi ha voglia di lavorare. Non merita un trattamento del genere», prosegue, descrivendo uno «scenario da film di guerra. Ma non c'erano né Mel Gibson né Bruce Willis. È vita vera». 

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