«Insultare su Tripadvisor sentendosi grandi chef», su Fb recensioni al veleno

«Insultare su Tripadvisor sentendosi grandi chef», su Fb recensioni al veleno
di Antonio Menna
Lunedì 22 Agosto 2022, 09:00 - Ultimo agg. 23 Agosto, 08:25
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Alzi la mano chi in vacanza in un posto nuovo, al momento di scegliere un ristorante per la cena, o un locale per un aperitivo, non ha compulsato il cellulare per cercare recensioni sul web e avere, così, qualche dritta. Una volta si chiedeva agli abitanti del posto, al portiere di un albergo, al vicino di ombrellone. Oggi si corre su Tripadvisor, il sito che vanta un miliardo di recensioni nel mondo, dove chiunque può scrivere di qualunque posto, dare stelle, meriti, demeriti, raccontare esperienze. Un grande ring, con tante ombre e zone buie: nessuna registrazione obbligatoria, recensioni anche anonime o con nickname di fantasia, nessun controllo sul fatto che chi racconta l'esperienza l'abbia vissuta davvero. Una piazza sterminata, selvaggia, dove maturano anche siparietti comici degni di una farsa. Cominciano, infatti, a diventare memorabili gli scambi di battute tra clienti, più o meno veri, più o meno lucidi, e i proprietari dei locali, spesso stizziti dalle recensioni, sospettosi verso i concorrenti, irritati da clienti che commentano in modo surreale. Andrebbero trascritti questi battibecchi, per farne una grande inchiesta anche grammaticale oltre che logica su come duellano ogni sera in un pub, in un ristorante, in un hotel, in un bar, cliente ed esercente, il primo che non ha quasi più ragione, il secondo che non ne può invece più di beccarsi un voto basso per un equivoco, e vedere il proprio locale scivolare in classifica, perdere fatturato, o credibilità. È la grande giostra del voto, l'indice di gradimento che si muove lungo il soggettivo, il punto di vista, così vanno in scena umori, incomprensioni, piccole vendette personali, antipatie, dispetti, a volte in punta di penna, sul filo dell'ironia, altre finisce in rissa, ovviamente verbale. Il romanzo popolare della recensione culinaria ai tempi di internet sarebbe piaciuto forse a Ennio Flaiano che sapeva cercare negli umori bassi e anche nel non-sense, il sentimento profondo degli italiani: e qui si vede questo insopprimibile desiderio del cliente insoddisfatto, modello Fracchia, di farsi vendetta con le proprie mani; sembra di vederlo mentre esce infuriato e pensa di mettere una stella con sdegno e di rovinare quel locale. E di fronte l'impotenza, a volte incredula, dell'esercente che non riesce a glissare, deve replicare, cerca le parole giuste ma spesso ne trova una sola ed è un insulto. 

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A costruire il campionario dei battibecchi su Tripadvisor ci sta pensando, nelle ultime settimane, una seguitissima pagina Facebook, dal titolo «Insultare su Tripadvisor sentendosi grandi chef».

Ha circa 500mila follower e vale la pena di leggere qualcuno di questi frammenti per capire cosa sta accadendo, tra il serio e il faceto, nei settori del tempo libero, soprattutto della ristorazione, che avremmo definito trainanti della nostra economia delle vacanze, e che appaiono sul ring delle recensioni del web forse troppo esposti a una meccanica compulsiva di giudizi lapidari, eccessivi, non sempre onesti. Così si vede un utente che mette un voto basso e confessa di aver bevuto l'acqua del ghiaccio sciolto nel secchiello dove era a freddare il vino perché la minerale, da menù, secondo lui costava troppo, cioè due euro a bottiglia. A un cliente di Milano è andata peggio: si lamenta dei prezzi troppo alti di un locale e il proprietario gli replica dicendo che la moglie del cliente stesso frequenta il ristorante col suo amante, e quest'ultimo sì che è un gran signore, non si è mai lamentato dei prezzi. C'è anche la coppia in viaggio di nozze che mette un voto alto al personale dell'hotel perché pur avendo scoperto che loro due rubavano, la sera, le colazioni apparecchiate per la mattina dopo, non li hanno denunciati. Poi ci sono le incomprensioni: una ragazza si lamenta che in un piatto vegetariano c'era il pollo, e il gestore forse straniero replica dicendo che tutti mangia pollo, che fisime sono queste? Un ragazzo mette una stella e si lamenta di una pizzeria dove fanno solo pizze, e il pizzaiolo risponde piccato: che dovremmo fare, se non pizze? Due stelle per una steak house dove un cliente ha mangiato benissimo ma nel parcheggio sulla strada gli hanno rubato una borsa sfondando il finestrino dell'auto, con il povero ristoratore incredulo che dice: ma che c'entriamo noi? Più duro lo scambio tra l'avventore di una pizzeria, che si lamenta di aver trovato del catarro sul cibo ricevendo dal cameriere, come risposta, che quello era un condimento extra, e il titolare che denuncia la recensione come falsa: il catarro sulla pizza calda si sarebbe sciolto, come ha fatto a vederlo? Una ragazza, invece, mette una stella a un pub, non perché si mangi male ma perché si paga per andare in bagno, con la proprietaria che spiega che non si paga affatto, sul muro vicino ai bagni c'era un vecchio prezzario di una casa chiusa degli Anni Venti: tariffa semplice, una lira e cinquanta. Era un ornamento di arredo, non il costo della toilette. Anche perché dove la trovi una lira oggi? E via così, in una carrellata a volte demenziale di botta e risposta su cui aleggia sempre un sospetto: il grande dubbio di un mercato delle stelle positive, per aiutare alcune attività, e anche di un contromercato di recensioni negative per azzoppare i concorrenti. Con il risultato di un guazzabuglio informe dove non sapendo più cosa è vero e cosa è falso, si torna al punto di partenza. Magari meglio chiedere al benzinaio. 

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