Sergio Marra, 40 anni dietro le quinte del teatro: «Per Moscato feci il Cristo muto»

Sergio Marra, 40 anni dietro le quinte del teatro: «Per Moscato feci il Cristo muto»
di Luciano Giannini
Domenica 18 Settembre 2022, 11:00 - Ultimo agg. 19 Settembre, 13:47
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Il suo primo ufficio stampa? «Luglio '82, a Castel Santelmo, per Zona dosservazione, nell'Estate a Napoli inventata dal sindaco Valenzi, curata da Igina Di Napoli e Angelo Montella, artefici del teatro Nuovo, Giulio Baffi e Luciana Libero. Fu lei a propormi: Troppi impegni, mi sa che tocca a te. La rassegna era una vetrina della nuova spettacolarità: vantava Servillo, Martone, Magazzini criminali, Kripton, Antonio Sixty... Lo spettacolo, però, che mi dette visibilità nazionale fu Rasoi, di Servillo e Martone, nato in 15 giorni alla Sala Assoli su testi di Moscato». Sergio Marra, 40 anni dietro le quinte del teatro, è prezioso testimone e memoria di un mondo e complesso e poliedrico; di prove, allestimenti, sperimentazioni, fallimenti, sogni, progetti, aneddoti, risate, vizi e virtù di attori, tecnici, registi che hanno incarnato nuove visioni della scena.

Un destino già scritto il suo: «Mi laureai in Sociologia con Abruzzese e una tesi sul teatro napoletano tra la fine degli anni 60 e la fine dei 70.

Subito dopo, trovai lavoro al Nuovo. Mi occupavo di biglietti, borderò, permessi Siae, cose del genere. Fu un periodo importante, perché conobbi artisti che avrebbero reso grande la scena del dopo Eduardo. Con Mario Martone e Toni Servillo c'erano Antonio Neiwiller, Annibale Ruccello, Enzo Moscato, Renato Carpentieri, Laura Angiulli, Gennaro Vitiello, Tonino Taiuti, Bruno Roberti...».

Ma c'erano anche Leo de Berardinis, Magazzini Criminali, Fiat Teatro Settimo di Torino... «Certo. Per Leo curai svariati allestimenti e, dal '94 al '97, l'ufficio stampa del suo Santarcangelo dei teatri». 

Ecco, Sergio, possiamo individuare l'identità, la grammatica di alcuni registi attraverso il loro approccio all'allestimento? Per esempio, de Berardinis. «Creatura sensibile, seria, ironica. Leo era un visionario, aveva una visione totale della messinscena. Firmava ideazione, regia, scene, luci, costumi. E dentro quella visione, inseriva gli attori».

Carlo Cecchi, con cui lei pure ha avuto un lungo sodalizio? «Per lui la parola chiave era il to play, E, nel gioco della messinscena, curava maniacalmente l'intonazione: ciascun attore doveva adeguarla a quella del collega per creare una partitura».

Martone? «Mario ha in testa il meccanismo scenico, sceglie gli interpreti adatti e dà loro la libertà di abitarlo». Neiwiller? «Un poeta. Nei suoi quadri la parola poetica diventava segno scenico... Al festival del Cairo, 1988, mi occupai dell'ufficio stampa della sezione italiana. Nel suo Progetto di laboratorio itinerante, all'ultima scena, gli attori avevano in una mano delle stelline, quelle che fanno scintille, che poi spegnevano gettandole nei secchi sorretti dall'altra mano. Loredana Putignani la gettò, invece, alle proprie spalle, senza sapere che là c'era un deposito di cartoni. Dovettero intervenire i vigili del fuoco». 

Marra, che oggi dirige l'ufficio stampa del Teatro di Napoli - Teatro nazionale, ha del suo mestiere una visione nobile e desueta: «Chi lo cura non può fare altro, non può fare il giornalista». Gliene danno atto gli artisti che hanno festeggiato i suoi 40 anni di attività: «Il senso dei messaggi? È stato come averti con noi sul palcoscenico». Ma in scena Marra c'è stato davvero: «A Palermo, in Recidiva, Moscato mi volle come muto Gesù. Avevo capelli lunghi e barba, e in camerino decine di ragazzine chiesero il mio autografo. A Santarcangelo, in Embargos, ancora Enzo mi disse: Ti farò uscire da un frigo come attachez de press, vestito con carta di giornali».

Conoscere personaggi come Pina Bausch («silenziosa ed eterna fumatrice»), Peter Brook («un saggio, un maestro»), Carmelo Bene («una volta mi chiamò cialtrone, mesi dopo mi fece grandi complimenti») e Tom Stoppard basterebbe. Marra, però, non ha bisogno di credenziali. A prevalere, in lui, è la passione: «Il segreto è essere coinvolto con il titolo da promuovere. Più lo sei, più tutto funziona. Perciò ho sempre preteso il mio nome in locandina nei credits principali». 

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