«Diventerò fotografa», la sfida della ragazza con la mano robotica

«Diventerò fotografa», la sfida della ragazza con la mano robotica
di Antonio Menna
Venerdì 26 Febbraio 2021, 11:00 - Ultimo agg. 16:44
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Sorride con gli occhi, Veronica, mentre quella mano robotica muove nell'aria le dita. Stringe il cellulare nell'arto metallico, riesce a farlo con delicatezza, come se temesse di perdere il controllo della forza. Poi alza lo sguardo: «Lo sto prendendo io», dice, «lo comando io». Infine lascia lo smartphone e chiude addirittura un pugno, come per esultare, o forse di rabbia, o tutte e due. Ma è una stretta piena di dolcezza, un vigore timido, quello di questa ragazza dei Quartieri Spagnoli che a 24 anni vive con la mamma e il papà nel vicolo di Totò, come hanno ormai ribattezzato la stradina con i murales del Principe vicino alla stazione Montecalvario della metropolitana. Poche parole, molta luce, sul volto di questa ragazza, si capisce l'emozione e anche l'abitudine a scivolare silenziosa lungo gli sguardi degli altri, per farsi vedere il meno possibile. «Mi sono sempre sentita osservata - sussurra - per questo non sono mai uscita molto. Sono timida, non mi piacciono gli occhi addosso. Lo sguardo degli altri lo senti. Vedi che ti seguono con gli occhi. Perché sono una bella ragazza? No, puntavano sul braccio. Ma adesso cambia tutto. Se mi guarderanno, guarderanno me». 

 

La rinascita è qui, superare l'interruzione, diventare tutta intera. Veronica Pignieri viene al mondo al quinto mese, è prematura, gracile.

Pesa 450 grammi. Il braccio sinistra non si forma. La menomazione non crea problemi alla bambina piccola, che gioca, allarga il sorriso. Ma da adolescente cominciano i problemi. Mamma Luciana e papà Maurizio notano le prime ombre negli occhi della ragazzina, i silenzi prolungati, il tempo passato da sola in casa. La timidezza, per Veronica, diventa una corazza. Poi comincia a farsi strada l'idea di una protesi. «Ho provato quella tradizionale - racconta - l'unica che viene fornita dalla Asl. La detestavo, non sono mai riuscito a portarla». Il problema è che è un braccio morto, di plastica. Come quello di un manichino. «Poi era rigido - ricorda Veronica - non aveva presa. Una volta da McDonald's mi cadde il vassoio, si voltarono tutti, mi vergognai così tanto che buttai la protesi e non ne volli più sapere». Ma Veronica, che sembra fragile ma ha la forza del filo di ferro, dopo un po' accarezza un nuovo sogno: la protesi bioelettrica, la mano bionica. Quella che agganciata al braccio interrotto non solo completa la forma ma addirittura consente il movimento dell'arto e delle dita.

«Un sogno - dice Veronica - che però non potevamo permetterci. Costava 40mila euro di cui solo 10mila rimborsabili dalla Asl, e la mia famiglia non aveva la possibilità». Mamma disoccupata, papà disoccupato, un fratello - Max - emigrato in California da anni, un bilocale nel vicolo. Tanta dignità ma pochi mezzi. Che fare? «Mi è venuta l'idea - racconta la ragazza - di scrivere a tutti, di chiedere aiuto. Tra i tanti, mi hanno risposto Le Iene, e lì qualcosa è cambiato». La trasmissione Mediaset arriva nei Quartieri, intervista la famiglia, manda in onda il tutto e lancia una sottoscrizione on line. In cinque minuti, si arriva a 40mila euro. In due ore, 154.373 euro. Per la ragazza, e la sua famiglia, l'incredulità. Non solo la protesi ultramoderna ma il denaro per rimettere in sesto la casa, comprare dei mobili, stare un po' tranquilli. Una svolta. Da lì, una serie di trasferte a Budrio, in provincia di Bologna, presso l'azienda Ottobock, per allenarsi all'uso dell'arto bioelettrico. 

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«È stato bellissimo aver potuto aiutare Veronica a raggiungere il suo obiettivo - spiega Corrado Polzoni, direttore Protesica Ottobock - Instaurare un rapporto di fiducia con le persone che si rivolgono a noi è molto importante per comprendere al meglio le loro esigenze e aiutarle a recuperare quanto più possibile le abilità che hanno perso o che, come nel caso di Veronica, non hanno mai posseduto». I tecnici Ottobock lavorano molte ore con la ragazza per addestrarla e anche per consentirle la scelta dell'arto più adatto alla sua conformazione fisica. Alla fine, l'opzione è la BeBionic, una mano in grado di compiere 14 diversi schemi di presa e posizioni. Tutte le attività della vita quotidiana: mangiare, trasportare borse, aprire porte, accendere le luci e scrivere al computer. La vita di Veronica si allarga, si colora, si riempie di nuova autonomia, di nuova vitalità. E adesso? «Ora sono piena di progetti - dice la ragazza - voglio completare gli studi che avevo interrotto. Mi voglio diplomare. Voglio diventare fotografa, voglio uscire di più, voglio stare in mezzo agli altri senza la paura che mi guardino. Voglio farmi guardare, sì. E poi ho un altro sogno, che appena finirà la pandemia realizzerò: andare negli Stati Uniti da mio fratello. Non lo vedo da troppo tempo e voglio abbracciarlo. Questa volta totalmente».

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