Adriano, il calciatore immortalato contro Higuain: «Ho vinto io, ma in cucina»

Adriano, il calciatore immortalato contro Higuain: «Ho vinto io, ma in cucina»
di Maria Pirro
Lunedì 7 Dicembre 2020, 10:01
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È stato immortalato in una foto che ha fatto il giro del mondo. Ma non per merito suo. Ma dell'altro nell'immagine. L'altro si chiama Gonzalo Higuain, di professione attaccante, che in acrobazia ha appena realizzato con la maglia del Napoli il gol numero 36 del campionato, un record straordinario appartenuto fino a quel momento a Gunnar Nordahl, il gigante svedese del Milan anni Cinquanta. Il 14 maggio del 2016 è un giorno elettrico di urla, cori, abbracci e sorrisi. È solo ieri, ma sembra un secolo fa, e per troppi motivi. Se l'altro è Higuain, il centravanti rinnegato per tradimento dal popolo azzurro, l'attore non protagonista della foto è Adriano Russo, difensore del Frosinone, occhi azzurri e cognome verace cui nessuno, al San Paolo, fa troppo caso. «Ero io a marcare l'argentino al momento della rovesciata», racconta il giovane del Centro Direzionale che, intanto, ha appeso le scarpette al chiodo. E, a 33 anni, ha impresso una traiettoria diversa alla sua carriera: «Fuori dal mondo del calcio. Con un socio avevo già aperto un negozio di scarpe nella città laziale che mi ha accolto, e sono arrivato a gestirne quattro insieme, nello stesso settore, rinvestendo risparmi e incassi». E però. «Guardando le ampie vetrine sulla strada, in via Landolfi a Frosinone», confida Russo con emozione, «ho pensato che sarebbe stato bello vedere gente e farla stare per mangiare e chiacchierare all'interno del salone, tra tanta luce. Così ho deciso di tentare l'impresa, da solo».

Lavori realizzati durante il primo lockdown e, coincidenza non ricercata, l'inaugurazione avviene quando l'Italia diventa di nuovo una mappa a colori.

Fortuna che Matusa, è il nome dato alla pizzeria in onore dei ciociari, è in zona gialla: vuol dire che il locale è aperto a pranzo e può procedere alle vendite da asporto fino alle 22. «Nonostante tutto, l'attività va bene. Oltre le aspettative», afferma Russo, che ha vinto la sfida nella ristorazione, ma spiega che da un anno non riesce più nemmeno a salire a piedi le scale del palazzo, dove abita. Un giovane che ha sempre fatto sport. «Nuoto, tennis. Da bambino, di tutto. I miei genitori temevano non diventassi troppo alto», ricorda Adriano, che ha toccato quota 1 metro e 86. E, nel frattempo, compiuti i dieci anni, ha convinto madre e padre ad accompagnarlo in un campetto a Secondigliano per inseguire il pallone. Il primo amore. «Anche papà aveva giocato a calcio, e mi portò da un suo ex compagno di squadra, mio fratello maggiore no: fisico statuario, troppo scoordinato». Il capofamiglia allora «temeva che gli avrei fatto fare una brutta figura: un anno dopo, mi presero nelle giovanili del Napoli, a 14-15 anni smisi di frequentare la scuola. Ma non potevo solo allenarmi, non me lo permisero a casa». Suo padre questa volta lo accompagnò da Moccia a Chiaia. «Sveglia alle 5 e mezzo, quanta fatica. Ma, proprio lì e non nella sede del club, ho visto Maradona», e quasi si commuove, l'ex barista che oggi ha sette dipendenti tra bancone e forno, ripensando alla fortuna di aver incontrato anche a Pelè. «Ma allo stadio». Da titolare. «Ho stretto la mano ai due più grandi, e non c'è nemmeno da domandare chi sia stato il più forte tra i due», aggiunge categorico, provocato sul punto nella conversazione che è intervallata dalle chiamate telefoniche. Prenotazioni, richieste, menu. «Mia mamma è rimasta a Frosinone dopo l'apertura organizzata in maniera tradizionale, offrendo le pizze a tutti. Quel giorno si sono presentati così tanti avventori che ho dovuto mettere due persone alla porta, e lei è entrata in cucina per aiutare, e non è più uscita», ride. Una specialità gourmet è dedicata a Erminia, un'altra a suo padre, e i nipoti, un maschietto e una femminuccia, hanno i nomi dei nonni. «Io non preparo le pizze, lo faccio solo il lunedì, quando il locale è chiuso al pubblico», ride di nuovo Russo, che ammette: «Sono scarso, e a poco più di quindici tentativi, ma l'impasto che mi lascia il pizzaiolo dei Miracoli è ottimo», e anche nell'ultima scelta c'è un tocco di famiglia. Il 33enne rivela: «Un mio cugino fa questo mestiere da tre generazioni, e mi ha dato una grande mano». Non sarà la mano de Dios, ma basta per sognare. 

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