Marco, speleologo e muratore acrobatico: «Sospeso a 130 metri, la paura mi aiuta»

Marco, speleologo e muratore acrobatico: «Sospeso a 130 metri, la paura mi aiuta»
di Maria Pirro
Lunedì 18 Gennaio 2021, 10:30
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Entra in un pozzo aggrappato a una corda, sbuca tra le cupole del centro storico. Ma Marco Ruocco, 41 anni con l'elmetto, speleologo e muratore acrobatico, appare proiettato verso l'alto anche quando mette i piedi a terra. Deve essere per il percorso che ha seguito sin da bambino («A scuola mi chiamavano lo scienziato»), segnato da incontri causali e ricercati, forti passioni, deviazioni improvvise e spericolate quanto necessarie: tutte sostenute da una certa testardaggine, che si può definire arguta e si può conservare, da adulto se tutto è gioco e curiosità oltre la fatica. La sua avventura, da esploratore della vita, si definisce ai tempi dell'Università: «Dopo un anno e mezzo e buoni risultati, lascio Ingegneria perché capisco che non è quella la mia strada. Collaboro con il Wwf, mi iscrivo a Scienze naturali».

Tra i banchi, Ruocco conosce la sua donna, che diventa poi la mamma delle due figlie adorate. «Scopro, nel 2003, una passione anche per la speleologia grazie a un corso pubblicizzato su un volantino dal fascino per nulla sbiadito adocchiato già da matricola a San Marcellino.

Così, per due anni, censisco le grotte in Campania, un'attività che diventa il primo lavoro retribuito». Ruocco se ne occupa per il Club alpino italiano che fa parte della Federazione speleologica campana, di cui assume molto dopo la presidenza. La sua attenzione, nel frattempo, si sposta anche nel Bussento, parco del Cilento. «Un'area carsica straordinaria e quasi del tutto ignota», afferma. Nel 2005, viene coinvolto nella mappatura del sottosuolo per il commissariato di governo e, con il geologo Gianluca Minin, provvede al recupero della Galleria Borbonica. «Dal 2007, scavando tra i rifiuti, senza fondi. È una follia», racconta Marco, infilando una parola dietro l'altra, fino a rafforzare l'idea di una sfida assurda, ma perseguita con tanta ostinazione da renderla vera. «Sono, per questo, tra i soci fondatori della associazione culturale Borbonica sotterranea che accompagna turisti e studenti nei cunicoli, che risalgono al 1600 e all'Ottocento e nei rifugi della seconda guerra mondiale, nonché responsabile della didattica promossa nelle scuole».

Ma Marco fa anche la guida (emergenza coronavirus permettendo) ed è tra i pionieri del Porta a porta. «In appalto con l'Asìa, mi sono occupato della promozione della raccolta differenziata un po' in tutti i quartieri, dal centro alle periferie, partecipando a riunioni di condominio e a blitz notturni, appiccicando i semafori rossi sui bidoni della carta, ad esempio, contaminati dall'umido». La campagna di comunicazione avviene con il Wwf e la cooperativa Ermeco, che Ruocco presiede pure per un certo periodo. Ma la curiosità lo spinge ad arrampicarsi sempre verso mete nuove ed ad aprirsi altre vie. Una consiste nella ricerca scientifica, a tratti intuitiva, in un eterno ritorno agli studi accademici: «La mia tesi è sul gabbiano corso, una specie rara nel Mediterraneo, mai avvistata in Costiera amalfitana, dove sono nato».

L'ex ragazzo di Praiano, papà muratore, mamma casalinga e fratello idraulico, aggiunge con entusiasmo: «Sono riuscito a individuare un nido, per la prima volta, a partire dalle informazioni disponibili su un'altra specie, il gabbiano reale. Tramite le cartografie e il telerilevamento». L'ultimo suo lavoro, riportato sulla rivista Opera ipogea, riguarda l'Acquedotto augusteo a Posillipo: descritto nei secoli, con la progressiva stratificazione della città, inghiottito dal silenzio. «Secondo gli autori classici, questo tratto riforniva le ville di Nisida e la villa di Publio Vedio Pollione», sintetizza l'esperto. «Con più sopralluoghi, nel 2016 e nel 2019, è stato possibile individuare tratti sconosciuti del ramo di ponente che comincia dalla Galleria Laziale, a 40.23 metri nel sottosuolo, e continua per tre chilometri. Attraverso la documentazione fotografica, adesso si ha una spiegazione dettagliata anche delle tecniche costruttive utilizzate».

Non solo: «Restano ancora 900 metri da indagare per arrivare a una possibile biforcazione. Ed è probabile che ci sia un varco verso Nisida o verso Pausylipon», aggiunge Ruocco, che firma la pubblicazione con i colleghi Mauro Palumbo, Mario Cristiano e Luigi De Santo. I primi due, conosciuti nella Galleria Borbonica, sono suoi compagni in più imprese, tra cui quella più concreta, considerata l'incertezza dei guadagni per talune iniziative sospese con la pandemia. I colleghi e amici si definiscono muratori acrobatici, operano con la cooperativa Clic Lavori in corda che è stata chiamata, ad esempio, per l'impermeabilizzazione della cupola dei Santi apostoli, la pulizia nel perimetro degli scavi di Ercolano, il supporto in ispezioni dei pozzi a Paestum e del collettore di Cuma. Per una spettacolare sistemazione delle tegole nel complesso monumentale del Duomo di Napoli, oltre che al Maschio Angioino e per la messa in sicurezza dei pozzi della Nunziatella, della stessa Galleria Borbonica, della chiesa delle Crocelle oppure per l'allestimento di una mostra nelle cisterne sotterranee di Castel Sant'Elmo. «Conta più la tecnica che l'allenamento fisico», spiega Ruocco, che è formatore per lavoratori in corda e istruttore di speleologia per il Club alpino italiano. Difatti, è slanciato, sottile, ma non troppo alto: si ferma a un metro e 75. «Mi sono calato per 130 metri senza interruzioni, ma la voglia di scoprire deve essere sempre accompagnata da un po' di timore», la sua lezione. «La paura serve, perché frena: evita di fare stupidaggini».

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