«Serve coraggio per vivere, alzarsi, guardarsi nello specchio e affrontare un marito da 15 anni diventato violento. Io l'ho trovato nei miei figli: nelle parole che la seconda dei quattro mi ha detto e nei gesti degli altri, quando li ho visti colpire il padre per difendermi».
Maria Fumo, casalinga 50enne, piange e racconta: «Vorrei cancellare anche il ricordo». E invece, ne parla («Per le donne che continuano a subire, devono trovare la forza»), riporta esattamente le minacce, le botte. «Dopo l'ultimo litigio, quella mattina lui uscì e tornò con i cornetti. Come se nulla fosse successo». Ma, per lei, il suo comportamento era oramai inaccettabile, la sofferenza non poteva essere più un'abitudine motivata dalla paura, nonostante un precedente Sos e indirette richieste di aiuto cadute nel vuoto.
«Un sacerdote mi sconsigliò di procedere, la mia famiglia sapeva solo alcune cose, le amiche mi ascoltavano senza intervenire. E io, chiusa in casa, cercavo di dormire il più possibile: e, nell'estate del 2018, mi coricavo sul pavimento nella cameretta dalla bambina pur di non vederlo; a lungo l'impatto era attutito dagli anti-depressivi».
Da due anni Maria ha di nuovo un letto, questa volta è solo suo, i ragazzi e le ragazze la coccolano, un uomo incontrato portando a spasso il cane le fa scoprire che cos'è l'amore. «Per questo, ringrazio il comandante Luigi Carannante e tutti i carabinieri di Monte di Procida, il sindaco Peppe Pugliese, l'avvocato Giovanna Cacciapuoti che ha ottenuto la condanna del mio ex consorte ma ha fatto molto più del suo lavoro».