I 130 anni del Mattino: la magia della prima pagina, dal 1892 il rito quotidiano per incontrare i lettori

I 130 anni del Mattino: la magia della prima pagina, dal 1892 il rito quotidiano per incontrare i lettori
di Aldo Balestra
Mercoledì 16 Marzo 2022, 07:00 - Ultimo agg. 20:49
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In principio era uno, Edoardo Scarfoglio. Il direttore. Insieme alla moglie Matilde Serao. È lui a scrivere, quando la prima pagina era notizia e commento, commento e notizia. Scrive, titola. E poi gli articoli dei collaboratori di assoluto prestigio. La copertina del Mattino del 16 marzo 1892, che oggi offriamo in regalo ai lettori nella sovracoperitina, è frutto di ingegno della coppia alla guida e della capacità della rotativa Marinoni. Il tutto con un impegno: «Il giornale si propone di essere il più serio e insieme meno pesante, più vario e insieme meno incoerente». Pur dovendo fare i conti, negli anni a venire, con permeabilità al potere fascista, furore propagandistico, censure.

Centotrent'anni dopo, la prima pagina del Mattino è illustrata e colorata, facile da leggere e frutto della gerarchia delle notizie e delle regole evolutive della grafica. Della fantasia. E del contributo d'idee di un team. 

 

Con la ripresa delle pubblicazioni dopo il conflitto mondiale, nel 1950, il Mattino di Giovanni Ansaldo, la cui direzione durerà quindici anni, compie passi da gigante anche nell'evoluzione della prima pagina: sempre maggiore presenza di fotografie, mascette della pubblicità ai lati della testata (oggi non mancano mai), l'orientamento crescente e poi inarrestabile a richiamare i migliori servizi interni, anche se ancora non si rinuncia a impaginare articoli completi. È un lavoro delicato, affidato soprattutto al caporedattore Franz Guardascione. Insostituibile l'attività dei tipografi: lavorano fianco a fianco con i giornalisti, in una simbiosi che per decenni avrebbe contribuito al successo del Mattino. Anche nella direzione di Giacomo Ghirardo il lavoro di prima pagina è piuttosto individuale e affidato al caporedattore. Qualcosa di più corale, assicura chi c'era, inizia ad intravedersi nella direzione Orazio Mazzoni. Ma la svolta sarebbe arrivata poco dopo. Alla fine degli anni 70. 

È quello mutuato dal Corriere della Sera, il primo quotidiano italiano a istituire le riunioni tra direttore, caporedattori e responsabili dei servizi per decidere insieme come compilare la prima pagina. Al Mattino la sublimazione di questo modo di lavorare - tra confronto, verifica, riflessione, valutazione e proposta - che è poi quello attuale, avviene quando il giornale diventa baluardo dell'informazione in occasione del terremoto del 23 novembre 1980. Il napoletano Pietro Gargano, oggi uno dei nostri più preziosi editorialisti, e il genovese Massimo Donelli sono filtro di notizie, saldandosi all'intuito e all'esperienza di una colonna come Giacomino Lombardi. È nel corso di una di queste riunioni, di cui qui offriamo preziosa testimonianza fotografica, che nasce il famoso titolo Fate presto!: caratteri cubitali, fotografie, richiami di servizi interni partoriti dal disegno sul menabò. Andy Warhol ne farà un'opera d'arte. 

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Il Mattino è anche uno dei primi quotidiani a firmare le fotografie in prima pagina: diventano scatti d'autore come nelle pagine interne, si va affermando una generazione di fotoreporter che avrebbe fatto scuola. Da Franco Angrisani attraverso Pasquale Nonno, infatti, la scelta delle foto e la composizione dei titoli diventa sempre più un rito serale nella stanza del direttore, tra nubi di fumo di sigari e sigarette, intuizioni e battute. 

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Intorno all'87 la grafica del giornale e della prima pagina diventa esercizio ancor più curato. L'ufficio grafici, guidato da Carlo Monti, vede Mimì Pessetti, Eduardo Cicelyn, Michele Buonomo. Poi arriva un giovanotto dalla matita affilata e il pennarello nero d'inferno. Ha la battuta e la satira nel sangue, Riccardo Marassi: con lui il 24 maggio del 1987 la vignetta entra e permane per decenni nelle pagine del Mattino, fino ad arrivare stabilmente in prima. Sono gli imperdibili Sassi di Marassi. 

L'ufficio, attraverso le varie riforme grafiche, è nel frattempo riorganizzato e stabilizzato con Enzo Pagliaro, Maurizio Mendìa, lo stesso Marassi, Bruno Delfino (oggi art director del Corriere della Sera), Franco Italiani. È sempre più strutturata l'interazione con direttore e gruppo dirigente (l'Ufficio del Redattore Capo Centrale) nelle direzioni Graldi, Gambescia, Orfeo, Cusenza, Barbano e Monga. Negli ultimi anni, intanto, informatizzazione, memorizzazione grafica dei menabò e modifiche in layout, favoriti dall'assistenza competente di Giovanni Renzuto, hanno intanto assai cambiato la composizione della prima pagina. 

 

In epoca di emergenza Covid le riunioni video con Google Meet hanno consentito per lunghi periodi che persino la prima pagina potesse essere pensata, disegnata, composta e licenziata - dopo la riunione con il direttore, l'Ufficio Redattori Capo e dei vari capi-settori - a distanza. E aggiornata nella notte dal redattore capo di turno. Poco è cambiato, però, nel modello giornalistico affermatosi ed evolutosi negli ultimi anni. Dunque, funzione-vetrina dei migliori servizi e delle interviste, grandi fotografie che sono esse stesse notizia, editoriali e commenti ben distinti, la capacità di offrire sempre il punto di vista oltre a quanto già appreso da radio, tv, siti. Raccontare e interpretare il presente è già sfida nel futuro, ogni giorno. Da 130 anni.

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