I 130 anni del Mattino: oggi in edicola la prima pagina storica dell'alba della Repubblica

Il Mattino, il Roma e il Corriere di Napoli furono chiusi dagli angloamericani e accorpate nel quotidiano Risorgimento

La prima pagina storica oggi in edicola
La prima pagina storica oggi in edicola
di Gigi Di Fiore
Giovedì 15 Dicembre 2022, 07:00 - Ultimo agg. 18:59
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L'alba della Repubblica fu resa ufficiale il 10 giugno del 1946, nella sala della Lupa di Montecitorio, sede della Corte di Cassazione. Una settimana dopo i due giorni di voto del referendum istituzionale, si annunciava la scelta degli italiani: dopo 85 anni, nasceva l'era repubblicana. I giornali ne diedero notizia il giorno dopo. Il Mattino, come il Roma e il Corriere di Napoli, erano stati chiusi dagli angloamericani subito dopo la conquista della città nell'ottobre del 1943. Le tre testate erano state accorpate nel quotidiano Risorgimento, in edicola dal 4 ottobre 1943, controllato dalle autorità americane attraverso l'ufficiale John Barney e il supervisore Gino De Sanctis, membro italiano del Psychological Warfare Branch (il Pwb) istituito per mettere il naso su tutta l'informazione cittadina. Gli angloamericani si occuparono degli affari politici e dell'amministrazione napoletana fino al 15 aprile del 1946, quando fu dichiarata la fine dello stato di guerra. Un mese e mezzo dopo, gli italiani vennero chiamati a scegliere tra Monarchia e Repubblica. Era la questione istituzionale, accantonata dopo l'unificazione dell'Italia, non più rinviabile dopo la disastrosa disfatta della seconda guerra mondiale e il ventennio fascista.

Dopo la breve parentesi di Paolo Scarfoglio e Emilio Scaglione, dal 19 marzo 1944 il Risorgimento era diretto da Floriano Del Secolo. Il suo nome fu suggerito da Benedetto Croce. Fatto fuori dalla direzione del Mezzogiorno dopo la fascistizzazione dei giornali, Del Secolo, che era stato tra i firmatari del famoso manifesto degli intellettuali non fascisti scritto da Croce e non aveva mai abbandonato la sua fede liberale, si era tirato in disparte trasferendosi a Molfetta. Sotto la sua direzione, il quotidiano, che era di proprietà del Banco di Napoli e di Achille Lauro come le tre testate sospese, soddisfò la sete di informazione della città raggiungendo, nonostante lo scarno notiziario condensato in 4 pagine, la vendita di ben 289mila copie. 

Anche sotto la testata della prima pagina dell'11 giugno 1946 comparivano i nomi dei tre giornali sospesi e accorpati nel Risorgimento: Il Mattino, Roma, Corriere di Napoli. Del resto, sempre accanto alla testata era esplicita la continuità del Risorgimento con Il Mattino nell'indicazione della sede della redazione all'Angiporto Galleria Umberto numero 7. Seguendo una obbligata linea politica di estrema moderazione, che non doveva infastidire le autorità americane e i partiti del Cnl, anche in quella giornata storica la titolazione sulle cinque colonne della prima pagina era di fredda informazione, priva di decise interpretazioni politiche: «La Cassazione proclama i risultati». Poco sotto, nel catenaccio, comparivano i numeri ufficiali dei risultati elettorali: «Repubblica: 12.672.767 - Monarchia: 10.688.905». Poi, notizie sui passaggi procedurali, ma di piede in risalto in neretto la notizia che l'11 giugno del 1946, martedì, era festa nazionale e «i giornali osserveranno le disposizioni in vigore per la domenica». Una decisione presa dal primo governo presieduto da Alcide De Gasperi, in carica dal 10 dicembre del 1945 e sostenuto da Dc, Pci, Psiup, Pli, Pda, Pdl. La festa del primo giorno dell'Italia repubblicana sarebbe stata formalizzata in un decreto legislativo del governo, firmato il 19 giugno successivo. La festa fu spostata poi al due giugno, data di inizio del voto sul referendum istituzionale.

 

Non fu solo festa quel giorno, le tensioni che avevano accompagnato la campagna referendaria erano ancora accese. I monarchici sospettavano brogli, il re per un mese, Umberto II, sarebbe partito dall'aeroporto di Ciampino il 13 giugno, dopo aver preso atto dei risultati ufficiali della Cassazione e senza attendere i responsi sui ricorsi presentati. Raggiunse la regina Maria Josè e i figli, partiti in nave da Napoli.

I giornalisti del Risorgimento seguirono in quelle ore vicende drammatiche. La provincia di Napoli, in difformità con il resto del Paese, si era schierata per il 77,67 per cento con la Monarchia. In 692.370 avevano votato a favore del re, per la Repubblica si erano espressi in 199.064. E nel giorno di uscita della prima pagina del Risorgimento che ufficializzava la vittoria della Repubblica, esplosero a Napoli incidenti sanguinosi. Un corteo monarchico si diresse verso la sede comunista in via Medina e partirono spari. Morirono nove manifestanti monarchici, una cinquantina i feriti. Tra il sette e l'otto giugno precedente, sempre a Napoli la tensione dell'attesa per i risultati ufficiali aveva scatenato altri incidenti con tre morti, sempre monarchici. La prima pagina del Risorgimento di quell'11 giugno 1946 registrava le preoccupazioni sull'ordine pubblico e riportava il comunicato ufficiale del ministro dell'Interno, Giuseppe Romita, in un trafiletto di piede. Il ministro considerava già superata la monarchia e, sulle voci della nascita di un partito democratico monarchico per creare un regno del sud, diceva: «Nessun italiano serio può pensare alla scissione dell'Italia, violando il Risorgimento e distruggendo la storia nazionale». Sarebbe stato smentito proprio dal proprietario del quotidiano Risorgimento, Achille Lauro, tra i futuri fondatori del partito monarchico.

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Il Risorgimento si stampava all'inizio nella tipografia «La Forense» a San Pietro a Maiella, Nel giugno del 1946 costava 5 lire, agli inizi una lira e 60 centesimi. Con il quotidiano collaborò Guido Dorso, poi in redazione si avvicendarono Adriano Falvo, Carlo Barbieri, Carlo Di Nanni, Vittorio Ricciuti, Luigi Campili, Enrico Marcucci, Mario Stefanile, Ugo Irace. Condizionato dal controllo del Pwb, il direttore Del Secolo, che non doveva scontentare neanche tutti i pariti presenti nel Cnl e i governi provvisori, cercò di mantenere il massimo equilibrio. Nella prima pagina dell'11 giugno 1946, anche il fondo che scrisse privo di firma non dava nulla per scontato e si intitolava «Attesa». Anche se i risultati del referendum erano ufficiali, bisognava attendere l'esito dei ricorsi sui presunti brogli. Il fondo chiedeva rapidità di decisione alla Cassazione e rispetto per qualsiasi verdetto, chiudendo con le preoccupazioni su tensioni e incidenti: «Bisogna impedire che i facinorosi rinnovino le gesta dello squadrismo fascista, dalle quali è venuta la rovina della nazione». 

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