Toni Servillo e Gabriele Salvatores ai 130 anni del Mattino: «Il nostro Casanova e l'arte dell'incontro»

Toni Servillo e Gabriele Salvatores ai 130 anni del Mattino: «Il nostro Casanova e l'arte dell'incontro»
di Diego Del Pozzo
Giovedì 26 Maggio 2022, 16:00 - Ultimo agg. 20:00
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La chiusura della giornata-evento andata in scena ieri a Napoli, nella cornice monumentale del teatrino di corte di Palazzo reale, per celebrare i 130 anni del quotidiano «Il Mattino» è stata all'insegna del grande cinema, con due big da Oscar come Toni Servillo e Gabriele Salvatores a confronto sul palco in un faccia a faccia introdotto dal direttore designato del giornale, Francesco de Core (in carica dal 2 giugno), e moderato da Titta Fiore, presidente della Film Commission Regione Campania e per anni responsabile delle pagine di Cultura e Spettacoli de «Il Mattino». L'incontro è stato anticipato dalla proiezione di un montaggio esclusivo di immagini tratte dai film di Mario Martone ambientati nella redazione del quotidiano o, comunque, nelle quali se ne intravede l'inconfondibile prima pagina.

E proprio prima di salutare la platea intervenuta a Palazzo Reale, Servillo regala una ghiotta anticipazione sul nuovo film che ha appena terminato di girare, proprio con Salvatores: Si intitola Il ritorno di Casanova e per me è stato un grandissimo regalo che Gabriele ha voluto farmi. Quel personaggio, infatti, è tra i più sinceri di tutta la mia carriera ed è caratterizzato da una bellezza assoluta, scaturita dal dramma originale di Arthur Schnitzler ma anche dalla magnifica rielaborazione che ne ha fatto Salvatores. Sono davvero felice di averlo potuto interpretare». 

Il dibattito tra i due è davvero stimolante. «Il cinema», riflette il regista napoletano di nascita ma milanese d'adozione, vincitore del premio Oscar per «Mediterraneo», «una volta era una finestra sul mondo e un'arte popolare.

Forse, oggi per tornare a quei fasti bisognerebbe provare a essere più poesia che romanzo. Per intenderci, il romanzo lasciamolo alle serie tv, mentre il cinema, a mio avviso, dovrebbe puntare a riscoprire una sua piccola anima più artistica e raccontare proprio ciò che la televisione non può fare. Magari tentando di rievocare quei fantasmi che hanno bisogno del buio e del silenzio. Dal punto di vista più pratico, invece, bisognerebbe allargare la finestra tra l'uscita di un film in sala e quella sulle piattaforme streaming e in tv, perché con l'attuale di poche settimane la tentazione di restarsene a casa e disertare i cinema diventa forte». 

Da parte sua, Servillo paragona la situazione attuale del cinema a quella del teatro. «Il palcoscenico», sottolinea l'attore e regista casertano, «sta reggendo meglio perché ha una dimensione fisica, corporea, ma anche poetica molto forte. A teatro, infatti, scegli di incontrare qualcuno e ti trovi di fronte a un'aura che non puoi portarti a casa. C'è anche una forte componente rituale, per cui si può avere la sensazione di sentirsi più vivi della vita stessa attraverso la performance di un grande attore. Ciò vale anche per la lettura e la poesia. Quindi forse, effettivamente, un cinema più di poesia, se coltivato, potrebbe produrre buoni risultati». 

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Nello scenario attuale, le piattaforme di streaming sono al tempo stesso croce e delizia. «Per i grandi autori», aggiunge Servillo, «sono un'opportunità. Basti pensare ai mezzi e alla libertà dei quali hanno potuto godere Cuaron e Sorrentino con Netflix per realizzare due film bellissimi ma complessi come Roma ed È stata la mano di Dio. Ma, allo stesso tempo, questi contenitori sono anche invasi da una quantità generica enorme di contenuti che creano un problema, perché si propongono al pubblico come intrattenimento infinito, di fronte al quale non sei più tu a guardare ma sei guardato. Esempi recenti come quello di Esterno notte di Marco Bellocchio, però, sono importanti, perché questo grande regista ha saputo tenere vivo il suo stile pur nell'ambito del linguaggio della serialità e, inoltre, assieme a produttore e distributore ha voluto proporre la sua opera seriale anche al cinema». 

 

Nella giornata dei 130 anni de «Il Mattino», la chiacchierata tra due artisti sensibili come Salvatores e Servillo tocca inevitabilmente l'identità di Napoli e le modalità di rappresentazione della città. Napoli, spiega Salvatores, «è tutto: dramma e commedia legati assieme. Glielo ha insegnato la vita, la sua storia, poiché ne ha passate tante e, quindi, riesce a produrre continuamente storie bellissime, così come avviene nella musica e nel teatro. Si pensi a quanti sono oggi i registi napoletani presenti nei grandi festival. Di recente, Toni mi ha mandato una foto scattata a casa di Paolo Sorrentino dove ne erano tantissimi tutti assieme». Per Servillo, «è soprattutto merito dei talenti e dell'impegno. Io so bene, infatti, quanto lavoro c'è dietro al successo, per esempio, di Mario Martone in questi giorni a Cannes. Poi, certo, forse per un attore è meglio nascere a Napoli piuttosto che a Bolzano, poiché questa città ha alle spalle una tradizione della quale ci nutriamo, un'eredità nobile speciale. Inoltre, da autentica metropoli-esperimento, Napoli si muove costantemente dal centro alla periferia e viceversa, senza mai stagnare o fermarsi». E Salvatores chiosa: «Se dovessi girare oggi un nuovo film in città, seguirei le orme del Martone di Nostalgia e lo farei anch'io nel quartiere Sanità». 

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