Il coronavirus e l'incubo dei costi

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Giovedì 30 Luglio 2020, 21:00
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Ancor prima che l'Organizzazione mondiale della Sanità dichiarasse la pandemia, è stato chiaro a tutti che l'unica arma per tenere a bada il Covid fosse la chiusura totale, il lockdown. Nei primi mesi del 2020 rimbalzavano in Europa le immagini, allora incredibili, di una Wuhan blindata e deserta. Pochi mesi dopo la stessa sorte sarebbe capitata al Bel Paese, travolto da una catastrofe sanitaria sino a quel momento impensabile. Il resto, purtroppo, è storia dei nostri giorni.

Se è sotto gli occhi di tutti il costo in vite umane, meno chiaro è il prezzo del lockdown sotto il profilo economico. A stimare i costi sociali e indiretti della chiusura è stato l'Eehta del Ceis del dipartimento di Economia dell'Università degli studi di Roma Tor Vergata diretto dal professore Francesco Saverio Mennini, che ha individuato un debito di oltre 1.400 euro per ciascun cittadino italiano a causa della perdita di produttività a causa del Covid-19.

«La chiusura necessaria per affrontare l'emergenza tra marzo e maggio 2020 spiegano i ricercatori dell'Eehta del Ceis (Mennini, Marcellusi, Rotundo e Paoletti) - ha generato non solo costi diretti sanitari sostenuti dal servizio sanitario nazionale, ma ha comportato un peso enorme per i cittadini in termini di perdita di produttività e sussidi sociali, che vedranno manifestare tutta la loro quantificazione anche negli anni a venire».

Lo studio, basato su di un questionario somministrato a un ampio campione di italiani alla chiusura della fase 1, si è posto un obiettivo prioritario: comprendere l'impatto che il periodo di lockdown ha generato sulla produttività lavorativa di quanti sono stati intervistati, valutando e quantificando anche i costi sociali. Secondo i risultati preliminari dello studio, «il costo sociale supera i 1.400 euro ad intervistato e sono principalmente costi legati alla chiusura delle attività produttive, quindi mancati incassi, e al ricorso alla cassa integrazione (circa 60 per cento del totale spesa)». In pratica, in tre mesi di lockdown, un cittadino ha perso oltre un terzo del proprio reddito mensile pur sostenendo in sostanza le stesse spese e, addirittura,in molti casi incrementandole a causa della spesa necessaria per l'acquisto dei dispositivi tecnologici per smart working o per la scuola (somma che ammonta a circa l'8 per cento dell'incremento complessivo). Con riferimento specifico alla produttività legata allo smart working sono emersi risultati molto interessanti: oltre il 30 per cento degli intervistati ha dichiarato che la produttività è aumentata grazie alla possibilità di lavorare da casa, mentre circa il 50 per cento che è rimasta invariata. Tra gli intervistati che hanno rilevato una riduzione nella produttività (circa il 20 per cento) le più penalizzate sono risultate essere le donne, la cui produttività è diminuita di oltre il 48 per cento, mentre per gli uomini di poco più del 30 per cento.

Vale la pena ricordare che in pieno lockdown, con le scuole chiuse e la necessità di lavorare da casa, molto del peso della gestione della famiglia è ricaduta ancora una volta sulle donne. Molte madri lavoratrici si sono trovate a dover sostenere l'impegno dei figli e del lavoro, perdendo inevitabilmente in termini di produttività. E lo stesso problema potrebbe riproporsi il prossimo autunno nel caso di una seconda ondata e nell'eventualità di una nuova chiusura delle scuole.

Questi risultati evidenziano una volta di più come i costi diretti siano stati rilevanti, ma che i costi indiretti e sociali sono e saranno drammaticamente più elevati e più duraturi nel tempo. Se questi dati fossero confermati, si stimano oltre 38 miliardi di euro di costi sociali legati al solo periodo di lockdown, soldi che pesano per buona parte sulle tasche dei cittadini. La speranza, quasi superfluo dirlo, è che si riesca presto a testare e produrre un vaccino, unica arma che ci consentirebbe di considerare definitivamente archiviato l'incubo del Covid-19.

Intanto, per evitare di arrivare ad un nuovo lockdown, sta a ciascuno fare la propria parte rispettando le norme di distanziamento sociale e tutte le regole imposte dalle amministrazioni regionali.
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