L'importanza di vaccinarsi
​contro il coronavirus

L'importanza di vaccinarsi contro il coronavirus
di Marcella Travazza
Venerdì 27 Novembre 2020, 23:00
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Se c'è qualcosa di positivo che potrà venir fuori dal dramma della pandemia, sarà di certo una maggiore consapevolezza rispetto all'importanza dei vaccini. Una vittoria non da poco, soprattutto in un'epoca nella quale i social hanno contribuito a rendere virali le teorie no-vax, alimentando paure e timori, con effetti anche sula salute dei cittadini. Ma, del resto, i vaccini sono vittime di un paradosso: più si dimostrano efficaci, più nel tempo si perde la consapevolezza del loro valore.

Paolo Bonanni, ordinario di Igiene all'Università degli studi di Firenze, ricorda che l'Organizzazione mondiale della sanità considera quella dei vaccini come la più grande scoperta medica. Più degli antibiotici o di qualunque altro farmaco. «Il vaccino - dice Bonanni - dev'essere considerato come un'assicurazione sulla salute». Cosa che troppo spesso ci si dimentica. «Forse per ragioni psicologiche o antropologiche, non so dire, accettiamo di buon grado gli effetti collaterali dei farmaci, ma non quelli ben più blandi che possono essere provocati dai vaccini». Sui vaccini c'è anche molta disinformazione, fake news che alimentano dubbi e sospetti. Bonanni aggiunge: «Trattandosi di un prodotto biologico, ogni vaccino viene sottoposto a più di 300 test di sicurezza. Un numero enorme, proprio per garantire che non ci siano problemi».

Il professore spiega anche che al momento è difficile fare pronostici sul vaccino anti-Covid, o meglio sui vaccini, perché «sono almeno 13 quelli che sono approdati alla fase tre. Ad ogni modo, il minimo che si chiederà a questi vaccini sarà di prevenire le complicanze, i casi gravi e le malattie dovute al virus. L'ideale sarebbe anche impedire l'infezione e la trasmissione da una persona all'altra».

C'è da dire che la paura di contrarre il Covid lascia ben sperare per quella che sarà la risposta dei cittadini alla vaccinazione. La pensa così anche il segretario generale della Federazione italiana dei medici di medicina generale Silvestro Scotti, che parla di pazienti che non solo aspettano con ansia un vaccino per il Covid, ma che richiedono a gran voce quello per l'influenza. «Una richiesta che non ho mai visto in 20 anni di carriera», dice Scotti, che è anche presidente dell'Ordine dei Medici di Napoli si è sempre battuto per far comprendere l'importanza di proteggersi proprio con le vaccinazioni e per spazzare il campo da false notizie che potessero generare diffidenza. Ora la sua richiesta è netta. «Vaccinare, appena sarà possibile, i sanitari più esposti e i pazienti fragili». E non c'è dubbio che tra i più a rischio ci sono i medici del territorio, che sono quelli che non a caso stanno pagando lo scotto più alto. «Nei nostri studi - ricorda Scotti - i pazienti accedono maniera libera e spontanea. Ogni visita che facciamo può essere ad un asintomatico. Se negli ospedali gli interventi di elezione sono ormai sospesi, nei nostri studi non ci sono stop di alcun genere. E non possiamo certo fare un tampone rapido a tutti coloro che arrivano». Insomma, quello che i medici di famiglia chiedono è che non si ripeta quanto accaduto con i Dpi, e si dicono pronti ad «intervenire anche con forza». Resta da capire se potranno essere coinvolti nella grande campagna vaccinale che ci attende. Tutto dipenderà dai metodi di conservazione e trasporto che saranno necessari. «Se ci saranno le condizioni tecniche per trasportare il vaccino - afferma Scotti - credo che in prima battuta i medici di famiglia saranno essenziali per vaccinare gli anziani presso il loro domicilio. Se al Nord i più fragili sono spesso in hospice e Rsa, al Sud sono per lo più a casa. Dovremo fare in modo che anche a questi pazienti sia garantito un pari diritto alla salute».

Mai come nei prossimi mesi, insomma, il tema del vaccino sarà centrale nella politica sanitaria nazionale. Servirà un'organizzazione potente e capillare, e sopratutto sarà determinate muoversi in anticipo, partendo dai contesti di lavoro. «Sarà strategico vaccinare subito medici, infermieri e operatori sociosanitari», dice Andrea Magrini, professore associato di Medicina del Lavoro dell'Università di Roma Tor Vergata. Così come per l'influenza e per altre malattie infettive, mettere al riparo chi lavora in contesti a rischio come gli ospedali significa garantire la funzionalità delle strutture e salvaguardare la salute dei pazienti. «In ambito lavorativo le vaccinazioni sono previste come attività preventive. Ma l'azione di prevenzione - prosegue Magrini - diventa vera e propria promozione di salute. Questo vale per tutte le categorie di lavoratori». Un concetto che riporta alla mente le prime importanti conquiste dei lavoratori in fatto di salute.

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