Mieloma multiplo il balzo nelle cure

Mieloma multiplo il balzo nelle cure
Venerdì 20 Marzo 2020, 21:00
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Marzo è (o visto il momento storico sarebbe più opportuno dire «dovrebbe essere») il mese dedicato al mieloma multiplo. Molto attiva nel rispondere alle esigenze dei pazienti e delle famiglie che lottano contro questa malattia è l’Associazione italiana leucemie. «Ail si occupa di sostegno alla ricerca e di sviluppo di attività si aiuto per i pazienti affetti da tumore del sangue e per i loro familiari», spiega il presidente Sergio Amadori, onorario di Ematologia all’Università Tor Vergata di Roma. «Il mieloma è una patologia che ha fatto registrare negli ultimi anni grandissimi progressi - aggiunge Amadori - oggi ci sono molti farmaci di precisione dei quali i pazienti possono beneficiare. È importante continuare con un’opera di sensibilizzazione per far capire a tutti che, sostenendo la ricerca scientifica, si possono raggiungere risultati terapeutici insperati dieci anni fa. Noi lo facciamo con una serie di iniziative anche dedicate esclusivamente almieloma».

Da oltre 50 anni infatti Ail è al fianco dei malati contro i tumori del sangue, i linfomi e il mieloma con l’obiettivo di sostenere la ricerca e l’assistenza, sensibilizzare l’opinione pubblica e, per la prima volta dopo 26 anni, vista l’emergenza coronavirus, non potrà scendere in piazza con le sue uova di Pasqua. Ma è chiaro quanto sia importante in questo momento non esporsi, soprattutto per proteggere i più fragili.

Al di là delle tante attività messe in campo dall’Ail, rimane centrale la necessità di diffondere maggiore consapevolezza e attenzione sulla malattia e le opzioni terapeutiche disponibili. Si parla di un tumore del midollo osseo che rappresenta il dieci per cento, circa, di tutte le neoplasie del sangue e l’1 per cento di tutti i tumori in assoluto.

A spiegarlo è Pellegrino Musto, presidente della Società italiana di ematologia sperimentale e direttore della ematologia del Policlinico di Bari. «Questa patologia - dice il professore universitario - colpisce prevalentemente gli anziani, l’età media è di circa settant’anni. Non sono rari, tuttavia, i pazienti più giovani». Dal punto di vista strettamente clinico, il mieloma ha sintomi abbastanza peculiari. Musto spiega che si associa ad anemia e dolori alle ossa, soprattutto alla colonna vertebrale, dove la malattia si localizza in più sedi (da qui il termine «multiplo»). Può verificarsi, inoltre, un coinvolgimento del rene, un aumento del calcio nel sangue e portare a una particolare suscettibilità alle infezioni.

Visto al microscopio, «il mieloma multiplo presenta una proliferazione nel midollo osseo di quelle che chiamiamo “plasmacellule”, deputate alla produzione degli anticorpi, ma in una forma cosiddetta “monoclonale”». Semplificando, si tratta di cellule che sono tutte dello stesso tipo e che producono una singola proteina anticorpale, detta appunto componente monoclonale, che si può identificare facilmente con un semplice esame del sangue. «Può capitare - sottolinea Musto - che vi sia una componente monoclonale nel sangue, ma che non ci siano i segni clinici della malattia. Questi casi non vanno trattati, ma necessitano di controlli periodici con cui si possono intercettare precocemente eventuali evoluzioni di tipo neoplastico, che potrebbero, tuttavia, anche non esserci mai».

Negli ultimi 10 anni il mieloma multiplo ha visto l’arrivo di moltissimi nuovi farmaci che si sono mostrati efficaci. «Si pensi che fino a non molti anni fa si arrivava in media a tre anni di sopravvivenza, oggi parliamo di almeno 7-8 anni. Ma dati recenti suggeriscono che c’è anche una quota del 5-10 per cento di pazienti che potremmo considerare guariti». L’orientamento degli specialisti è quello di procedere per i pazienti anziani con terapie continuative, che tendono a cronicizzare, per quanto possibile, la malattia.

Nei più giovani si opta di norma per trattamenti più intensivi, che comprendono il trapianto autologo di cellule staminali e che comunque oggi prevedono una terapia di mantenimento. «L’obiettivo - conclude Musto - è di arrivare alla malattia minima residua negativa», una condizione in cui è quasi impossibile identificare quel che resta del tumore.
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