Questioni di naso, ora c’è un test

La perdita dell’olfatto come campanello d’allarme: è al centro di uno studio negli Stati Uniti. Poliposi tra le patologie infiammatorie croniche, ma le terapie sono più mirate ed efficaci

Un test in laboratorio
Un test in laboratorio
Lunedì 28 Novembre 2022, 17:49
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L’olfatto è il più misterioso dei sensi, quello che si conosce meno e non si utilizza consapevolmente. Un profumo ha il potere di evocare con intensità e immediatezza un ricordo, catapultarci in un tempo e in luogo del passato. L’olfatto è un po’ quello che si potrebbe definire il “senso Cenerentola”, fondamentale ma spesso sottovalutato. Ed è al centro di una ricerca portata avanti da Valentina Parma, del Monell chemical senses center di Philadelphia. 
«Siamo a lavoro per validare un test utile a evidenziare un deficit olfattivo», spiega. «Un test che sia anche rapido e semplice da effettuare, economico ed efficace». Una ricerca di enorme importanza, perché la perdita dell’olfatto potrebbe essere il campanello d’allarme. Tra le patologie legate a una perdita totale o parziale dell’olfatto, c’è la poliposi nasale, malattia infiammatoria cronica che rappresenta una parte della grande famiglia delle rinosinusiti croniche. Massimiliano Garzaro, responsabile della struttura semplice di Rinologia nell’Ospedale Maggiore della Carità di Novara, chiarisce i che la rinosinusite cronica (che colpisce dal 4 al 12 per cento della popolazione mondiale) si può manifestare con o senza la poliposi nasale. «Le forme con poliposi - dice - sono quelle più impegnative, anche se fortunatamente sono una minoranza». L’incidenza si attesta tra lo 0,2 e l’1 per cento della popolazione. 


Ma cosa sono i polipi nasali? Garzaro, che è anche professore associato di Otorinolaringoiatria all’Università del Piemonte Orientale, spiega: «Si tratta di un rigonfiamento della mucosa che riveste la cavità nasale e i seni paranasali, piccole o grandi masse che occupano le fosse nasali». Tra i sintomi, lo si è detto, c’è la riduzione o la perdita dell’olfatto. Ma i più invalidanti sono l’impossibilità o la difficoltà a respirare con il naso, dolori facciali tipici della sinusite e la rinorrea (continuo gocciolamento dal naso) sia anteriore che posteriore (con deglutizione di muco). Facile comprendere come la poliposi nasale possa essere una malattia ad alto impatto per quel che riguarda la qualità di vita. Difficile invece è parlare di maggiore prevalenza di genere. 


«Forse vi è una lieve prevalenza nel sesso maschile - chiarisce Garzaro - di certo è una malattia che si riscontra di solito al di sopra dei 30 anni e solo in casi molto rari si manifesta in età pediatrica. Il problema principale per i pazienti è che la malattia è causata da un’infiammazione del sistema immunitario che viene definita di “tipo 2”, sostenuta da cellule che sono comuni anche ad altre patologie che, non a caso, sono strettamente correlate alla poliposi nasale». Guardando ai dati, dal 30 al 60 per cento dei pazienti con poliposi nasale soffre anche di asma, e il 70 per cento dei pazienti che soffre di asma grave è affetto anche da poliposi nasale. Una correlazione più che evidente. 


Garzaro mette anche in luce un dato poco noto a chi soffre di questa malattia, ma che spesso provoca gravi problemi. «Circa un terzo dei pazienti che hanno una poliposi nasale è intollerante all’aspirina e ai suoi derivati. L’assunzione di questi farmaci, in questi pazienti, acuisce i sintomi, riesacerba la malattia, aumenta il volume dei polipi e il disagio che questi comportano». Proprio per queste sue caratteristiche, la poliposi nasale ha sempre avuto un paradigma terapeutico basato su due cardini: terapia medica tramite l’uso di cortisone e chirurgia. Questi restano i due strumenti importanti per trattare la patologia, ma oramai esistono anche farmaci biologici molto efficaci indicati per la rinosinusite cronica con poliposi nasale. «Le biotecnologie hanno fatto passi enormi negli ultimi anni e oggi ci consentono di intervenire sul processo infiammatorio a monte, bloccando alcuni passaggi dell’infiammazione di tipo 2. L’essenziale è che il paziente sia selezionato in modo adeguato, che a ogni caso sia legato un profondo studio nell’ambito di un team multidisciplinare», conclude l’esperto.

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