Terapie su misura,
le frontiere anti-cancro

Terapie su misura, le frontiere anti-cancro
Martedì 15 Marzo 2022, 09:04 - Ultimo agg. 12 Giugno, 23:33
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Si va verso terapie sempre più personalizzate rispetto ai bisogni del paziente, come spiega Giuseppe Colantuoni, dirigente medico di Oncologia medica al San Giuseppe Moscati di Avellino. «L'oncologia è una delle branche che più ha sofferto della pandemia», certifica. «Sono circa un milione i tumori non diagnosticati in Europa, e l'interruzione, o comunque il rallentamento delle attività, ha peggiorato anche la prognosi. Lockdown e smart working hanno condizionato negativamente gli stili di vita di moltissime persone, basti guardare al numero di fumatori e di sigarette pro capite. Molti altri fanno un uso eccessivo di alcol, pochissimi svolgono attività sportiva, l'Aiom per il 2040 prevede un incremento del 21 per cento delle neoplasie». Tuttavia, le scoperte e i risultati dei nuovi studi accendono un faro, la speranza.


Tra questi, lo studio «Monnalisa 2», che ha combinato un nuovo farmaco biologico inibitore selettivo delle chinasi ciclina dipendente con la terapia ormonale, somministrato a donne in menopausa, con tumore metastatico della mammella. «Lo studio ha evidenziato che la sopravvivenza in circa la metà delle donne arruolate è molto migliorata, con una riduzione del 25 per cento del rischio di morte, permettendo di evitare la chemioterapia, e generando quindi una minore tossicità», dice Colantuoni. Un secondo studio, il Destinity Breast, ha preso in esame il tumore della mammella ER2 positivo combinato con un anticorpo monoclonale, farmaco coniugato in pazienti già trattate con altri medicinali: anche in questo gruppo la sopravvivenza è risultata più alta. «Questa unione permette di introdurre il farmaco in maniera selettiva nelle cellule malate, risparmiando quelle sane. Una volta all'interno della cellula, il farmaco danneggia la parte malata ed è capace al tempo stesso di evitare la replicazione della neoplasia».

È importante, prosegue Colantuoni, «offrire alle donne un percorso di cura in centri che abbiano un team di Breast unit, come succede nel nostro ospedale: è dimostrato infatti che la sopravvivenza aumenta del 10-15 per cento, se la paziente è seguita in modo multidisciplinare. Le pazienti, inoltre, possono essere arruolate in studi innovativi. Da noi sono presenti ambulatori per avviare al counselling, per i test DBRCA (genetici) ed ambulatori, per la preservazione della fertilità, poiché l'età media di comparsa del carcinoma mammario si è abbassata: è necessario quindi dare alle giovani pazienti la possibilità di avere una normale vita riproduttiva». A Bari l'Oncologia del Policlinico è diretta dal professor Camillo Porta già dal maggio del 2020. L'unità operativa si propone come una nuova realtà di eccellenza, in aggiunta a quanto già presente sul territorio regionale per rispondere anche durante la pandemia alle esigenze del paziente oncologico.


Il professore Porta sta lavorando alacremente per favorire una maggiore integrazione tra ospedale e territorio, poiché la cronicizzazione delle patologie oncologiche e la complessità dei trattamenti impiegati rende necessaria questa integrazione con l'obiettivo di avere una reale la presa in carico globale del paziente. Ancor più oggi, con le difficoltà legate al Covid. Come in Campania, anche in Puglia si preferisce un approccio diagnostico-terapeutico integrato. Per il rene, come nel caso della mammella, gli studi clinici che vedono coinvolto il professore Porta offrono al paziente oncologico l'accesso a farmaci innovativi. Si pensi, ad esempio, all'immunoterapia e ai farmaci a bersaglio molecolare in sequenza e in combinazione, in ogni fase della malattia oncologica (in questi casi si parla di terapia adiuvante, I linea metastatica e successive linee terapeutiche). «L'obiettivo è anche quello di ridurre la migrazione sanitaria passiva verso i grandi centri del Nord e abbattere i costi per il sistema sanitario nazionale in quanto la struttura sanitaria non deve farsi carico della spesa dei farmaci e delle procedure diagnostiche. Ciò permette all'ospedale di poter investire le risorse ottenute nell'implementazione delle attività di ricerca indipendente», conclude l'esperto.
Emanuela Di Napoli Pignatelli

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