«Hollywood Babilonia: così è nata la leggenda»

Il racconto del passaggio dal muto al sonoro

«Hollywood Babilonia: così è nata la leggenda»
di Titta Fiore
Venerdì 20 Gennaio 2023, 07:57 - Ultimo agg. 16:43
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Eccessivo, ambizioso, sfrenato, decadente, vitalissimo, volgare, entusiasmante, barocco: gli aggettivi si sprecano per «Babylon», l'atteso film dell'ex enfant prodige Damien Chazelle, che a trentadue anni aveva già vinto l'Oscar per «La La Land» e oggi non ne ha ancora quaranta. Ma se in quel musical colorato e toccante il regista aveva scelto di mostrare la faccia mainstream di Hollywood, in questo kolossal spiazzante che negli Stati Uniti ha diviso critica e pubblico, ed è appena arrivato nelle nostre sale in 400 copie con Eagle Pictures, la prospettiva si ribalta, come se l'autore fosse passato dall'altra parte dello specchio, per raccontare vizi e virtù, ma soprattutto i vizi, della nascente industria del cinema. Los Angeles, anni Venti, nel passaggio fondante dal muto al sonoro: qui si incrociano le ambizioni smisurate e gli eccessi oltraggiosi dei personaggi in un'epoca di sfrenata decadenza e depravazione. Un cast stellare, con Brad Pitt, Margot Robbie, Diego Calva, Jovan Adepo, Tobey Maguire, e un'ambientazione sontuosa con sesso, orge, droga, trasgressioni e musica, tanta musica del premio Oscar Justin Hurwitz.

«Volevo far vedere quello che Hollywood è brava a nascondere sotto il tappeto», ha spiegato Chazelle, a Roma per il lancio del film: «All'epoca il cinema non godeva dello stesso prestigio di oggi, veniva considerato una cosa bassa e volgare nata dal vizio e dal peccato, creata da un pugno di reietti, di criminali, in mezzo al nulla del deserto californiano.

Ho lavorato al progetto per quindici anni, mi sono documentato molto e più di una volta ho dovuto ammorbidire i toni, per non incorrere nelle maglie della censura. Diciamo che osservo Hollywood attraverso la lente del divertimento estremo e della trasgressione vissuta da persone nate povere che, improvvisamente, sono state travolte da un fiume di denaro».

Rispetto a quel periodo, il cinema ha guadagnato o ha perso qualcosa? «Ha perso la libertà, ma è comprensibile perché parliamo di una stagione completamente nuova e senza regole. In quegli anni Los Angeles veniva considerata la frontiera di pionieri selvaggi abituati a dettare le loro condizioni, era inevitabile che prima o poi la fiamma bruciante della deregulation si spegnesse. Però da quella Hollywood libera e fuori controllo ci sarebbe ancora da imparare. Oggi c'è troppa paura, siamo schiacciati dal conformismo, da un moralismo puritano che è il contrario della creatività, gli artisti dovrebbero reagire a un clima asfittico e rivendicare la libertà dell'arte. Da quando ho cominciato a scrivere il film Hollywood è cambiata ancora, e non in meglio».

Si aspettava le reazioni contrastanti al film? «Sapevo che le avrebbe suscitate e non mi dispiace. Immaginavo che potesse dare fastidio, provocare risentimento. Volevo accarezzare contropelo, realizzare un'opera controcorrente, anche per questo la lavorazione è durata tanto. Per fortuna la Paramount ha sostenuto il film, pur sapendo che sarebbe stato divisivo. Non ha fatto pressioni, mi sono sentito totalmente libero. Ora la speranza è che Babylon trovi il suo pubblico, vorrei che facesse rumore».

Divisa in due parti, la storia comincia come una commedia e arriva alla tragedia in una sorta di discesa dantesca agli inferi «per mostrare il rovescio della medaglia di un mondo che in apparenza è sempre in festa». E dopo aver analizzato la nascita dell'età dell'oro del cinema, Chazelle dice di guardare al futuro con ottimismo: «Non vedo grandi rischi, Hollywood muore e rinasce continuamente. Il mio film finisce nel 1952 con le immagini di Cantando sotto la pioggia e anche allora c'era la paura che il cinema potesse finire, soppiantato dalla televisione. Non è andata così, è morto il sistema degli studios, ma l'industria è andata avanti con nuovi mezzi, il ciclo è ricominciato e ricomincerà ancora. Non bisogna fare l'errore di considerare il cinema vecchio, perché rispetto ad altre forme d'arte è molto giovane e ci riserverà delle sorprese, non abbiamo esplorato tutte le possibilità che ci può offrire». In un sistema integrato i premi fanno, naturalmente, la loro parte: «Non mi hanno cambiato la vita, ma non credo che ci sarebbero stati studios disponibili a finanziare Babylon se non avessi vinto l'Oscar». Per Margot Robbie già si parla di una candidatura: «Margot è una forza della natura, un'attrice di grandissima disciplina e virtuosismo tecnico. Per il bene del suo personaggio è disposta a fare tutto, basta farla sentire al sicuro e sul set ti dà l'anima».

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