Venezia
Una standing ovation infinita, sala strapiena, fan adoranti per «Becoming Led Zeppelin», il documentario sulla mitica rock band accompagnato fuori concorso alla Mostra da Jimmy Page. Un evento nell'evento. Capelli bianchi, codino, blazer nero, oggi il chitarrista del gruppo è un settantasettenne elegante e dinamico con una memoria di ferro. Il docufilm di Bernard MacMahon è il primo ad essere stato autorizzato in cinquant'anni della strepitosa carriera del gruppo. «In questi anni abbiamo rifiutato molte proposte cinematografiche e alla fine approvato solo questa, perché mette al centro la musica» spiega Page. «All'inizio eravamo un po' diffidenti, poi ci siamo resi conto che la ricerca alla base del progetto era veramente approfondita e il risultato lo conferma. Come siamo nati, che formazione abbiamo avuto, cosa ha significato essere insieme e suonare: non c'è altro, ma per noi è tutto».
MacMahon ha recuperato molti materiali d'archivio: ritagli biglietti dei primi concerti, interviste, vecchie incisioni, preziosità da collezione spesso prese in prestito dai fan di ogni parte del mondo.
La differenza tra i Led Zeppelin e gli altri gruppi? «Adoro i Rolling Stones e adoro Charlie Watts, che non c'è più, ma la vera differenza tra il loro modo di stare insieme e il nostro sta nel fatto che con i Led Zeppelin tutto era improvvisato. Avevamo la capacità di leggerci nella mente, tutto nasceva da lì, poi, quando John Bonham è morto, nel 1980, quell'alchimia magica è venuta meno. Scioglierci fu una decisione difficile, ma inevitabile». «Becoming Led Zeppelin» contiene tra l'altro interviste inedite ai tre protagonisti ancora attivi, Jimmy Page, Robert Plant e John Paul Jones. C'è anche una rara intervista a Bohnam, miracolosamente ritrovata in Australia: «Grazie a quel nastro John è sempre vivo, giovane e discute con entusiasmo di tutto. Nel film, insomma, troverete tutte le risposte».
È ambientato nella swinging London dei mitici anni Sessanta anche «The Last Night in Soho», il thriller horror di Edgar Wright (fuori concorso) interpretato dalla «regina degli scacchi» Anya Taylor-Joy nei panni di una cantante pronta a tutto pur di sfondare. «Ho sempre amato la musica di quel periodo» dice. «La battaglia per farcela? È qualcosa che tutti affrontiamo. Mi sento in sintonia con il mio personaggio».