Addio a Bradford Dillman, recitò con Pollack e Eastwood

Bradford Dillman
Bradford Dillman
Domenica 21 Gennaio 2018, 16:16 - Ultimo agg. 20:16
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L’attore statunitense Bradford Dillman, interprete di grande fascino in ruoli spesso di malvagio, è morto a Santa Barbara, in California, all’età di 87 anni. L’annuncio della scomparsa è stato dato dalla famiglia, precisando che il decesso è stato causato dalle complicazioni di una polmonite. Dillman è stato sposato a lungo con Suzy Parker, attrice ed e modella di Coco Chanel, conosciuta sul set del film “Battaglie di spie” (1960), morta nel 2003. 

Dillman ha preso parte a numerosi film, tra i quali il kolossal bellico “Il ponte di Remagen” (1969); il fantascientifico “Fuga dal pianeta delle scimmie” (1971); l’elegante dramma “Come eravamo” (1973), diretto da Sydney Pollack e interpretato da Robert Redford e Barbra Streisand; il poliziesco “Cielo di piombo, ispettore Callaghan” (1976), in cui impersonò l’arrogante e coriaceo capitano McKay, accanto a Clint Eastwood.

Dillman lavorò nuovamente con Eastwood alcuni anni più tardi nel film “Coraggio... fatti ammazzare” (1983), in cui interpretò il capitano Briggs, superiore dell’ispettore Callaghan. Dalla seconda metà degli anni ‘60, Dillman è stato un assiduo interprete televisivo, partecipando a innumerevoli serie di successo come “Barnaby Jones” (1973-78)e “Falcon Crest” (1982-83) in cui interpretò il ruolo di Darryl Clayton; Nel 1979 Dillman apparve in “La trappola”, uno dei più riusciti episodi della serie “L’incredibile Hulk”, ispirato al racconto “La partita più pericolosa” di Richard Connell, in cui impersonò il sadico e folle Michael Sutton, che ospita il Dottor Banner (Bill Bixby) nella propria isola e lo sottopone ad un’estenuante caccia allo scopo di ucciderlo. 

Nato a San Francisco il 14 aprile 1930, dopo gli inizi giovanili in teatro a Broadway, Dillman esordì sul grande schermo nel film “Un certo sorriso” (1958) di Jean Negulesco, accanto a Rossano Brazzi e Joan Fontaine. Risale all’anno successivo la sua memorabile interpretazione nel drammatico “Frenesia del delitto” (1959), accanto a Dean Stockwell, dove impersonò il giovane psicopatico Artie Straus, uno dei due famigerati assassini della buona società che compiono un infame delitto e vengono difesi da Jonathan Wilk (Orson Welles), un avvocato idealista e contrario alla pena capitale. Il ruolo - ispirato al caso giudiziario di Nathan Freudenthal Leopold e Richard A. Loeb che nel 1924 assassinarono un 14enne e vennero condannati all’ergastolo, valse a Dillman un premio al Festival del cinema di Cannes quale miglior interpretazione maschile (ex aequo con Stockwell e Welles), e una serie di intense interpretazioni successive: da “Francesco d’Assisi” (1961), basato sulla vita del santo, con la regia di Michael Curtiz, a “Il grande peccato” (1961), tratto dalla pièce di William Faulkner, fino a “Smania di vita” (1965) di Walter Grauman. 
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