«Che cosa c'è di folle nel non voler morire?»: prigioniero nel covo delle Brigate Rosse Aldo Moro è solo, disperato. Sa che il suo tempo sta per finire, che il partito della fermezza ha vinto e che da quel processo non uscirà vivo. «Che cosa c'è di folle nel non voler morire?» gli fa dire Fabrizio Gifuni che lo interpreta con un'adesione stupefacente. A 44 anni dal rapimento del presidente della Dc che sconvolse l'Italia e ne cambiò gli equilibri politici, Marco Bellocchio torna su quei tragici fatti già affrontati nel film «Buongiorno, notte» con una serie potente in sei episodi che moltiplica la prospettiva della narrazione. In «Esterno notte», in anteprima mondiale a Cannes come evento speciale e poi nelle sale con Lucky Red in due parti, da domani e dal 9 giugno prima della messa in onda in autunno su Raiuno, non c'è solo il punto di vista di Moro, vissuto dall'interno del dramma, ma anche quello di chi era fuori e ne è stato comunque travolto: sua moglie Eleonora (Margherita Buy), Papa Paolo VI (Toni Servillo), Francesco Cossiga (Fausto Russo Alesi), i brigatisti Adriana Faranda e Valerio Morucci (Daniela Marra e Gabriel Montesi) e i notabili della Dc, da Andreotti a Zaccagnini, che condussero senza esito la trattativa.
«Con un approccio meno ideologico rispetto al film, mi sono concentrato sugli accadimenti che nei 55 giorni del rapimento si susseguirono fuori» dice il regista, 82 anni di energia e di progettualità: «Non mi chiedo quanto sia attuale questa storia, mi fido del mio istinto.
Nel doppio finale c'è spazio anche per la speranza di ritrovare vivo lo statista democristiano («mi ha molto ispirato il memoriale di Moro e quel passaggio misterioso in cui ringrazia le Br per avergli salvato la vita»). Poi la scoperta del corpo nel bagagliaio della Renault Rossa parcheggiata a via Caetani, a metà strada tra la sede della Democrazia Cristiana e quella del Partito Comunista, e i funerali di Stato senza la bara. Gifuni: «Fu lo stesso Moro a chiederlo in una delle sue ultime lettere. Sottrarsi al rito pubblico fu il suo modo estremo di difendersi. Quei funerali sono stati il simbolo di un potere al collasso». L'attore aveva già interpretato Moro in teatro nello spettacolo «L'irridente silenzio»: «Il titolo allude al modo in cui venivano accolti gli scritti che filtravano dalla prigione, ma riguarda l'intero Paese e la rimozione collettiva di una pagina tanto tragica». Toni Servillo restituisce a Paolo VI il suo tormentato carisma: «Non ho guardato alla figura storica, mi interessava dare corpo alla profonda dimensione conflittuale vissuta da questo Papa tra la misericordia e il senso di responsabilità. Bellocchio non si limita a raccontare, regala allo spettatore un'esperienza conoscitiva con un'autonomia di pensiero. Ed è l'aspetto del suo cinema che mi affascina di più».
Margherita Buy è tagliente nel dolore trattenuto di Eleonora Moro, la moglie tante volte trascurata per gli impegni politici, Fausto Russo Alesi è un Cossiga lacerato dai sensi di colpa che lo piegano nel corpo: «Un personaggio sfaccettato nel suo muoversi tra i mondi del reale e dell'immaginazione, Marco mi ha guidato in un grande e potente viaggio attorale». E in un cammeo che rimanda alla tecnica del film nel film c'è anche Ruggero Cappuccio, nei panni di docente universitario che mette in scena con i suoi studenti la storia del rapimento. Prima di «Esterno notte» Bellocchio racconta di aver pensato di trarre un film dal libro della Faranda «Nell'anno della tigre», «ma lei aveva una certa reticenza, voleva il controllo, oggi forse sarebbe andata diversamente». Con i produttori Lorenzo Mieli per The Apartment (gruppo Fremantle), Simone Gattoni e Rai Fiction ha fatto la sua prima, felice esperienza nella serialità e ci scherza su: «Vista l'età, la prima e penso l'ultima».