Cannes 2022, Ruben Ostlund fa il bis con «Triangle of Sadness»: una Palma contro il capitalismo

Cannes 2022, Ruben Ostlund fa il bis con «Triangle of Sadness»: una Palma contro il capitalismo
di Titta Fiore
Domenica 29 Maggio 2022, 08:00 - Ultimo agg. 13:11
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A Cannes lo svedese Ruben Ostlund vince la Palma d'oro con «Triangle of Sadness» e fa il bis del premio che aveva già portato a casa nel 2017 con «The Square». Allora aveva preso di mira l'ambiente dell'arte contemporanea, ora mette al centro della sua commedia satirica il mondo della moda, degli influencer e del capitalismo, strizzando l'occhio un po' a «Titanic» (per via di un disastroso naufragio) e un po' a «Travolti da un insolito destino...» di Lina Wertmuller (per il grottesco ribaltamento dei ruoli sociali tra ricchi e poveri). All'italiano «Le otto montagne», diretto dai belgi Charlotte Vandermeersch e Felix van Groeningen, prodotto da Wildside e Vision, interpretato da Alessandro Borghi e Luca Marinelli e ambientato in Val d'Aosta va il Prix du Jury attribuito ex aequo con «E/O», apologo poetico e animalista del polacco Jerzy Skolimowski, 84 anni, con un asinello vagabondo per protagonista. Resta purtroppo a mani vuote, ed è un peccato, «Nostalgia» di Mario Martone, accolto trionfalmente sulla Croisette e sostenuto da gran parte della stampa internazionale per l'intensità della storia ambientata alla Sanità, dal romanzo di Ermanno Rea, e per l'interpretazione affilata di Pierfrancesco Favino, un attore che aveva già conquistato il pubblico di Cannes nel film «Il traditore», di Bellocchio e che avrebbe meritato il podio. 

Nel verdetto della giuria guidata da Vincent Lindon torna l'ex aequo, evidentemente frutto di discussioni «accese e appassionate», per il Grand Prix: se lo sono diviso «Close» del cineasta belga Lucas Dhont, la rivelazione degli ultimi giorni del Festival, salutato con una standing ovation, e il polar «Stars at noon» della francese Claire Denis, che quest'anno aveva già vinto a Berlino il premio per la regia con un film interpretato proprio da Lindon.
S'impone il cinema coreano, come era già accaduto tre anni fa con «Parasite» di Bong Joon-ho: la migliore regia è di Park Chan-wook con «Decision to Leave», un melò sontuoso su amore, perdita e solitudine molto applaudito in proiezione. Ed è la star di «Parasite» Song Kang-ho il miglior attore con «Broker», road movie poetico e delicato sul potere salvifico dell'infanzia e del fare del bene, firmato da maestro giapponese Hirokazu Kore-eda in trasferta a Seul. La miglior attrice è l'iraniana Zar Amir Ebrahimi per «Holy Spider» di Ali Abbasi, storia di un serial killer di prostitute nella città santa di Mashhad: «Questa serata è il punto di arrivo di una strada lunga e difficile», si è commossa l'attrice, costretta a fuggire dal suo Paese dopo che un suo video sexy con il fidanzato era stato messo sul web: «È la mia rivincita, sono stata umiliata, ma il cinema mi ha salvata, la Francia che mi ha accolta mi ha salvata».

Va al film del regista svedese di origine egiziana, Tarik Saleh, il premio per la sceneggiatura di «Boy from Haeven», un poliziesco sulla lotta di potere politico e religioso all'interno della prestigiosa università di Al-Azahar, al Cairo, centro i potere dlel'Islam sunnita. I fratelli Dardenne mancano il record della terza Palma d'oro con «Tori et Lokita», ma portano a casa il premio speciale che celebra i 75 anni del Festival. «War pony» di Gina Gammel e Riley Keough si aggiudica la Camera d'or, il riconoscimento all'opera prima. 

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I registi di «Le otto montagne», coppia sul set e nella vita, sul palco hanno festeggiato la vittoria con un bacio appassionato.

Ostlund ha reso omaggio al rito collettivo del cinema: «Ho voluto fare un film che piacesse al pubblico, che lo facesse discutere, riflettere, da poter condividere nel buio della sala». Lindon si è trovato tanto bene nei panni del presidente di giuria da chiedere, sorridendo, di essere riconfermato anche per i prossimi quattro anni: «È stato un onore immenso, ma unico, e tutto ciò è iniquo». Cuaròn ha parlato a nome di tutti gli ospiti del galà: «Cannes è il luogo in cui vive il cinema e oggi celebriamo il suo futuro».

Tutte le decisioni sono state prese a maggioranza, ma pare non ci siano stati litigi furibondi «Oggi ci salutiamo con il cuore pieno - ha spiegato Jasmine Trinca - perché per dieci giorni abbiamo respirato l'esperienza unica di vivere delle emozioni insieme. Abbiamo avuto il massimo rispetto per ogni film e quest'emozione l'abbiamo ritrovata anche qui, sul palco, vedendo finalmente i vincitori tra noi e serbando un pensiero per quelli che non c'erano, ma restano allo stesso modo nel cuore e nella memoria». Passione per il grande schermo, sensibilità green, visione politica il filo rosso di quest'edizione. E l'iraniano Farhadi ha voluto chiudere con un pensiero per il suo popolo «che vive giorni particolarmente difficili e dolorosi». 

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