Cannes 2022, il blitz di Zelensky e il matriarcato di Pietro Marcello

Cannes 2022, il blitz di Zelensky e il matriarcato di Pietro Marcello
di Titta Fiore
Mercoledì 18 Maggio 2022, 11:00 - Ultimo agg. 13:41
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Il presidente ucraino Zelensky si collega a sorpresa con il Palais accolto da una standing ovation: «Il cinema non dovrebbe restare muto, abbiamo bisogno di un nuovo Chaplin che parli di libertà contro i dittatori che seminano morte, oggi come allora. Ma noi non disperiamo, l'odio alla fine sparirà e i dittatori perderanno. Il cinema può stare fuori da questo?». «Ricorderemo l'Ucraina con i fatti, non con le parole», aveva annunciato alla vigilia il delegato generale Frémaux, ed eccoli i fatti. Il colpo di scena che non era andato a segno agli Oscar cambia l'atmosfera del galà di apertura e scolora i lustrini. Zelensky dal bunker ricorda i grandi film che hanno raccontato le guerre nel mondo, cita la celebre battuta di «Apocalypse now» («mi piace l'odore del napalm al mattino»), parla di aggressori e aggrediti, di vite brutalmente cancellate, di bambini violati: «Noi continueremo a lottare per la libertà, non abbiamo altra scelta» dice, ricordando il sacrificio del regista Kvedaravicius morto mentre girava un documentario su Mariupol città martire che si vedrà nei prossimi giorni a Cannes. 

Pietro Marcello, che apre con «Le vele scarlatte» la Quinzaine des Réalisateurs, ha scelto di leggere il presente attraverso una storia ambientata alla fine della prima guerra mondiale nel Nord della Francia («ma potrebbe essere la Calabria, o il Beneventano») e liberamente tratta dal romanzo dello scrittore pacifista russo Alexandr Grin.

Un racconto popolare, musicale e storico di grande fascino e originalità di stile, al confine con il realismo magico, con un reduce che deve prendersi cura della figlia alla morte della moglie per stupro, e una ragazza che rifiuta il principe azzurro e preferisce salvarsi da sola. «Dopo Martin Eden, che era un film al maschile, questo è un film femmina» spiega il regista casertano, qui al suo primo progetto girato in Francia con attori francesi (nel cast c'è Louis Garrel) e prodotto da Cg Cinema, Avventurosa con Rai Cinema e Arte, in sala il prossimo autunno. «Ed è anche una riflessione sul matriarcato e su come sono cambiati i rapporti tra genitori e figli. Io ho una figlia di sette anni e mi accorgo di dedicarmi a lei come non facevano i padri ai miei tempi. Girando questo racconto mi sono emancipato». 

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Sperimentatore di nuovi linguaggi, profondo conoscitore della macchina cinema, documentarista affermato, Pietro Marcello dice di sentirsi, in fondo, soprattutto un archivista: «Ora ho voglia di tornare a lavorare con gli archivi e a mettermi alla prova su soluzioni diverse, non vorrei mai diventare un mestierante della macchina da presa. Se penso che La bocca del lupo lo abbiamo fatto con pochissime risorse e Bella e perduta lo abbiamo girato con pellicola scaduta... Bisogna avere un'etica del cinema. Quando vedo i grandi budget usati per i kolossal mi spavento e penso che forse sarebbe meglio spendere quei soldi per costruire strade e ospedali. I film si possono realizzare in tanti modi, l'importante è che nascano da un necessità dell'autore. Per me è così». Definisce «Le vele scarlatte» un film «sudista, terzomondista, girato in pochissimo tempo e sempre dalla parte degli ultimi, la sola che mi interessi, i ricchi sono noiosi». Juliette Jouan, la giovane protagonista, l'ha scelta con «un casting selvaggio», perché non doveva essere costruita, impostata come la maggior parte delle aspiranti attrici. «Cercavamo la verità che c'è nel racconto» spiega Maurizio Braucci, sceneggiatore con lo stesso Marcello e Maud Ameline. E Pietro torna sul concetto fondante del film riletto alla luce del matriarcato: «Abbiamo distrutto il principe azzurro, sulle donne si può fare più affidamento, sarà che nei ricordi della mia infanzia tutto il bello veniva da lì». 

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