Cinema, Napoli protagonista al festival di Berlino: «È il set più amato d'Italia»

Cinema, Napoli protagonista al festival di Berlino: «È il set più amato d'Italia»
Martedì 12 Febbraio 2019, 17:26 - Ultimo agg. 21:05
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«Due dei cinque rappresentanti italiani in corsa a Berlino hanno girato a Napoli: l'unico film in concorso per l'Italia, "La paranza dei bambini" con la regia di Claudio Giovannesi, ed il documentario firmato da Agostino Ferrente "Selfie". Le riprese, complesse e delicate, del film tratto dal romanzo di Roberto Saviano sono state rese possibili grazie al supporto dell'Ufficio Cinema del Comune di Napoli, fortemente voluto oltre 3 anni fa dalla nostra Amministrazione». Così, in una nota, l'assessore alla Cultura Nino Daniele.

«Un lavoro di collaborazione che ha previsto anche un'importante ricaduta per i giovani cineasti napoletani, attraverso la sottoscrizione di una convenzione tra il Comune e la società di produzione Palomar. Nell'ambito della convenzione, infatti - spiega - il 20 febbraio gli studenti di cinema degli Atenei napoletani potranno assistere ad una masterclass sul rapporto tra produzione e regia a cura dell'organizzatore generale del film, Gian Luca Chiaretti, che si terrà presso il Cohousing Cinema Napoli, sede dell'Ufficio Cinema». Sempre nell'ambito della convezione è stato attivato il bando «Cohousing pitching day con Palomar», rivolto a tutti i giovani autori cinetelevisivi napoletani e che prevede una giornata di pitching, che si svolgerà il 13 marzo, alla presenza del direttore editoriale della Palomar Marco Camilli.

Ha emozionato la proiezione de
«La paranza dei bambini» di Claudio Giovannesi, film tratto dall'omonimo libro di Roberto Saviano che ne è anche sceneggiatore insieme allo stesso regista e a Maurizio Braucci. Nel cast tutti ragazzi dei quartieri di Napoli del tutto esordienti tra cui spicca Francesco Di Napoli che interpreta il ruolo di Nicola, quello che diventerà il boss di questa banda di cosiddetti 'paranzinì. Che miti hanno questi sedicenni? Il Rolex (meglio se è d'oro perché fa proprio boss), i vestiti firmati (le sneakers su tutto) e anche poi avere una casa da vero camorrista con tanto di finto contrabbasso bianco come mobile bar. Divisi tra il sogno di fare i soldi in fretta e le crostatine materne, il destino li porterà ad abbracciare quel crimine che nei loro quartieri vuol dire solo una cosa: non essere più dei fessi.

«Non volevo fare lo spin-off di Gomorra - dice il regista di Fiore -, ma piuttosto parlare della perdita dell'innocenza. Non volevo neppure fare un film su Napoli o fare della semplice sociologia. Il tutto è invece costruito sul binomio gioco e guerra, non a caso il film inizia con il furto di un albero di Natale, solo che questi ragazzini entrano alla fine in un gioco dal quale non si può più tornare indietro. Insomma - conclude - volevo fare un film dal punto di vista degli adolescenti senza giudicare troppo».

Tante le suggestioni che arrivano da Saviano. «La Camorra - dice - è l'unica struttura che accetta dei giovanissimi ai vertici.
Eppure per questi 'paranzini', ragazzini criminali diventati comuni in tanti paesi del mondo (dall'Albania al Brasile), c'è un'aspettativa di vita pari a quella nel Medioevo, ma questo sembra non essere un problema». I desideri di questi ragazzi aggiunge «non sono più quelli del ghetto, ma sono gli stessi di tanti ragazzi delle metropoli europee solo che per loro c'è una lampada di Aladino che è la pistola». Anche i genitori che si vedono in questo film, che potrebbe aspirare a tutto diritto ad entrare nel Palmares di questa edizione di Berlino, tra l'altro molto sottotono, « non sono affatto autorevoli. Sono quelli che cedono la loro stanza ai figli quando diventano 'paranzinì e anche le stesse banche, va detto, alle famiglie con dei ragazzi legati alla criminalità concedono più facilmente un mutuo». Infine una pillola di saggezza sull'amore: «I mafiosi considerano l'amore, una cosa da femminielli - dice Saviano -. Loro pensano che devi sposare chi non si ama troppo perché l'amore passa, ma la famiglia no».
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