«Storia di camorra, teatro e tradimenti», Gelsomina Verde approda al cinema

«Storia di camorra, teatro e tradimenti», Gelsomina Verde approda al cinema
di Diego Del Pozzo
Martedì 11 Giugno 2019, 12:00 - Ultimo agg. 13:45
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La storia del barbaro omicidio della ventiduenne Gelsomina Verde, torturata e poi uccisa il 21 novembre 2004 nel pieno della faida di camorra tra clan Di Lauro e scissionisti, diventa un film, diretto dal documentarista napoletano Massimiliano Pacifico, che per l'esordio nel cinema di finzione ha scelto di raccontare, in modo estremamente originale, la terribile vicenda di quella povera ragazza che ebbe il solo torto di frequentare per qualche mese un ragazzo che aveva cambiato schieramento criminale. Mina, come era nota a tutti nel quartiere, per i suoi assassini ne conosceva il nascondiglio e per questo fu torturata per ore e poi uccisa senza pietà.

Il film si intitola proprio «Gelsomina Verde» e sarà proiettato in anteprima lunedì prossimo al Pesaro Film Festival, la storica Mostra internazionale del Nuovo cinema che si svolge da 55 anni nella cittadina costiera marchigiana. Prodotto da Daniele Gaglianone e Gianluca Arcopinto, in collaborazione con Rai Cinema, uscirà poi nei cinema italiani a novembre, nei giorni del quindicesimo anniversario della morte della ragazza. Per raccontare una vicenda così cruenta, il regista ha deciso di lavorare per sottrazione e si è rivolto al suo amore per il teatro. Così, ha coinvolto nel ruolo di se stesso il drammaturgo Davide Iodice e gli ha costruito addosso una trama che, nello svolgersi del film, si rivela quasi come un'indagine sul male.
 
Pacifico, come descriverebbe il suo film?
«Ho girato quasi tutto in interni, in una residenza teatrale nelle Marche, a Polverigi, sede di un importante festival di teatro. Ho girato a Villa Nappi, solitamente adibita a foresteria per compagnie e artisti. Il film racconta la costruzione di un progetto teatrale di Iodice sulla storia di Gelsomina Verde. Con lui ci sono cinque giovani attori: Pietro Casella, Giuseppe D'Ambrosio, Margherita Laterza, Francesco Lattarulo e Maddalena Stornaiuolo che interpreta Mina. Li ho calati in due settimane di full immersion per portarli a confrontarsi e scontrarsi con i propri personaggi e tra di loro. Ma, soprattutto, per costringerli, un frammento alla volta e lavorando molto sull'improvvisazione, a conoscere la vera Mina e il contesto del suo omicidio. Nel film c'è anche Francesco Verde, il fratello, già attore anche in Gomorra La serie. A lui ho affidato il ruolo del narratore, con Iodice che lo incontra a Napoli prima della partenza per le Marche, per farsi raccontare tutto da chi lo ha vissuto sulla propria pelle».

Questo originale approccio narrativo avrà anche una forma poco tradizionale?
«Sì, perché la narrazione sarà destrutturata e proposta in ordine non cronologico, con una notevole importanza data al montaggio, ma anche all'essenzialità dell'impianto scenografico. Il racconto fluirà alternando le sequenze delle prove di uno spettacolo che poi non vedremo mai, la quotidianità degli attori, i materiali di repertorio risalenti all'epoca dell'omicidio e dei processi, la rievocazione intensa e commossa del fratello Francesco. Gli ambienti asettici della residenza teatrale, che ho usato in modo allegorico e metaforico, sono stati fondamentali per permettermi di ricostruire i ricordi. Tutto il film, comunque, è una sorta di indagine intorno al concetto di tradimento».

In che senso?
«La storia di Gelsomina Verde è fatta di tanti tradimenti: quello della migliore amica, quello del killer col quale si conoscevano fin da ragazzini, secondo molti quello post-mortem della famiglia che ha accettato il risarcimento di 300.000 euro da Di Lauro per il ruolo di mandante mai provato, quello dello Stato che secondo il fratello è sempre rimasto troppo lontano da quella famiglia che ancora oggi continua a vivere a Scampia in un contesto ambientale non facile e che, comunque, è stata l'unica a costituirsi parte civile in un processo negli anni di quella sanguinosa faida di camorra».
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