Sale la tensione alla notizia che la regina di Cannes, Lea Séydoux, in gara con quattro film, è risultata positiva al Covid pur essendo vaccinata e quindi non potrà arrivare sulla Croisette. L'americano «Variety» parla esplicitamente di un focolaio (anche perché le Alpi Maritime sono il dipartimento in cui, secondo «Nice Matin», la variante Delta circola di più nella Francia metropolitana), ma il Festival smentisce ufficialmente: «Non esiste un cluster di Cannes» taglia corto il delegato generale Frémaux, «ieri abbiamo fatto tremila test e zero casi positivi, stiamo tutti molto attenti, tutti vogliamo che il Festival vada avanti e bene fino alla fine».
Oggi è il giorno di Nanni Moretti e del suo «Tre piani», l'unico film italiano in concorso. Ha aspettato un anno, il regista, per fare la «montée des marches» sul tappeto rosso del Palazzo del cinema, dov'è un habitué molto amato, e la proiezione avverrà tra due eventi attesissimi, la finale degli Europei con l'Italia in campo a Wembley e la supersfida a Wimbledon tra Berrettini e Djokovic. Comunque vada, sarà una sfida memorabile. Anche per Sean Penn il ritorno a Cannes con «Flag Day» è a suo modo una sfida, dopo i fischi beccati l'ultima volta per «The Last Face». Questa volta il divo-regista ha coinvolto nell'impresa i due figli Dylan e Hopper, emozionati sul red carpet almeno quanto lui. Tratto da una storia vera raccontata nel libro autobiografico della giornalista d'inchiesta Jennifer Vogel, «Flag Day» racconta il rapporto tra un padre truffatore e falsario (lo stesso Penn), fanfarone e bugiardo e però amorevole, e una figlia che lo venera prima di scoprire l'amara verità. Nato nel giorno della Bandiera, il 14 giugno, l'uomo si sente a suo modo protagonista dell'American Dream e vuole a tutti i costi lasciare una traccia. Da qui un lungo calvario con abbandoni, galera, ritorni improvvisi e un esplosivo finale che danno a Penn modo di dare fondo al suo istrionico talento.
Dieci minuti di applausi hanno accolto «La Fracture» di Catherine Corsini, con una strepitosa Valeria Bruni Tedeschi. Il film, ambientato in un pronto soccorso di Parigi, descrive in realtà un microcosmo di tutte le tensioni sociali sociali contemporanee e di una lotta di classe affrontata anche con toni da commedia, grazie soprattutto alla verve nevrotica e chic della protagonista che non a caso dice: «Ho preparato il ruolo con la mia analista». L'incontro tra la borghese Bruni Tedeschi che non si rassegna all'abbandono dell'amata e per rincorrerla si rompe un braccio, e un autista di camion ferito gravemente a una gamba nello scontro con la polizia e i Gilet Gialli che manifestavano agli Champs Elysée, è uno scontro tra due mondi all'apparenza inconciliabili. «La Fracture», girato durante il lockdown, mostra tutte le contraddizioni del periodo difficile che stiamo vivendo. «Il dramma - dicono la regista Corsini e l'attrice - è che la pandemia non è servita a niente e tutti problemi sono ancora là, nulla è cambiato, anzi le differenze sono esplose». Intanto, Valeria Bruni Tedeschi guarda avanti e annuncia la lavorazione del suo nuovo film da regista, «Les Amandiers», racconto dei suoi anni 80 alla scuola di teatro di Patrice Chereau, interpretato dall'ex compagno Louis Garrel.
Quanto alle polemiche su una presunta blasfemia del suo film «Benedetta» sulla monaca lesbica Benedetta Carlini che nel sedicesimo secolo si lega a una novizia nel convento di Pescia, Paul Verhoeven rimanda le accuse al mittente: «Non capisco davvero come si possa essere blasfemi nei riguardi di qualcosa che è successo... Non si può cambiare la storia». La sessualità è una parte centrale della storia e Virginie Efira, che interpreta Benedetta, si schera al fianco del regista di «Basic Instinct»: «La sessualità è un argomento interessante. Non ci sono molti registi che sanno come filmarla. Paul Verhoeven l'ha affrontata in modo sorprendente. La nudità non interessa quando non è rappresentata in modo bello, ma non è quello che fa Paul. Ci siamo spogliati dei nostri vestiti gioiosamente».