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Festival di Cannes 2023, Ken Loach punta alla terza Palma d'oro: «Anche la speranza è un atto politico»

«The Old Oak» affronta uno dei temi più caldi dei nostri tempi: l'accoglienza e la gestione dei migranti

Ken Loach a Cannes
Ken Loach a Cannes
di Titta Fiore
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 26 Maggio 2023, 07:00 - Ultimo agg. : 18:00
4 Minuti di Lettura

Nanni Moretti si conferma ancora una volta nel cuore di Cannes, amato dal pubblico (tredici minuti di applausi per «Il sol dell'avvenire» in proiezione ufficiale, come per Bellocchio) e dalla stampa francese (cinque palmette da «Le Figaro»), mentre quella anglosassone si è divisa (una stella sul «Guardian», positivo «Variety»). Sul red carpet Nanni ha fatto il suo show, ballando con gli attori sulle note di Battiato, e in sala stampa è stato accolto da una standing ovation. Buone notizie anche dal mercato, dove il suo film è stato venduto in tutta Europa e in America Latina. Oggi arriva in concorso «La chimera» di Alice Rohrwacher, terzo e ultimo titolo italiano in cartellone. E torna sulla Croisette il grande vecchio del cinema inglese Ken Loach. 

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Già vincitore di due Palme d'oro, per «Il vento che accarezza l'erba» e «Io, Daniel Blake», in gara per una terza (un record finora mai raggiunto), a 86 anni il regista di tanto cinema di impegno civile, sempre al fianco dei meno garantiti, affronta in «The Old Oak» uno dei temi più caldi dei nostri tempi: l'accoglienza e la gestione dei migranti. La storia, scritta con l'amico sceneggiatore Paul Laverty, è ambientata in uno sperduto villaggio del Nord Est dell'Inghilterra flagellato dalla crisi economica dove arrivano dei rifugiati siriani in fuga dalla guerra. Gli abitanti li vedono come nemici aiutati dalle ong, mentre a loro nessuno tende una mano. È guerra tra poveri. «Invece solidarietà, resistenza, forza sono le parole del nostro tempo», dice Loach, «e ne aggiungo anche altre, della vecchia tradizione sindacalista americana: aiutare, educare, organizzare. Quest'ultima è la più importante, perché senza la coesione su un programma non si può cambiare la società. La politica socialdemocratica ha portato alla sconfitta, serve una svolta radicale per affrontare le questioni più urgenti, come la crisi climatica». Laverty racconta di aver trascorso molto tempo sulla rotta balcanica per documentarsi: «È come guardare i problemi del mondo con una lente di ingrandimento». E aggiunge: «Bisogna fare in fretta delle scelte per neutralizzare altre tre parole determinanti: sfruttamento, odio e capro espiatorio. Cosa sono i migranti se non capri espiatori?».

Per Loach è necessario rafforzare il senso di comunità, mentre la società digitale ha contribuito a isolare la gente e a svuotare anche l'azione sindacale e politica. I risultati, dice, sono sotto gli occhi di tutti: «I giovani non trovano lavoro e non possono pagarsi una casa, il sistema sanitario è a pezzi, la scuola non ha gli strumenti per educare. Servono enormi cambiamenti». E sui migranti: «Cosa vogliamo fare, fomentare il razzismo o formulare risposte razionali? Dobbiamo avere un piano chiaro a livello europeo, non tesi di propaganda. È ingiusto che l'Italia e la Grecia abbiano dovuto farsi carico di tutto il peso di questa situazione».

Intellettuale militante da sempre, «Ken il rosso» si appassiona all'analisi politica, discute di economia e di sindacati, non risparmia il proprio paese («l'Inghilterra non è innocente, ha sostenuto il franchismo in Spagna fino al 1939»), guarda all'Europa, immagina soluzioni con un'energia invidiabile. «Che fare? Lavoriamo per spiegare come stanno le cose, organizziamo eventi per unire le persone, creiamo occasioni divertenti, perché la risata è sovversiva. Le persone singolarmente sono generose, ma la politica può essere perfida e crudele. Ecco il paradosso».

Qualcuno gli chiede se «The Old Oak», in Italia distribuito da Lucky Red, potrebbe essere il suo ultimo film: «Ci sono cose più importanti di cui parlare», taglia corto. Come sceglie le storie da portare sullo schermo? «Io e Paul Laverty conversiamo su tutto, tutti i giorni, e mentre guardiamo qualche partita di pallone torniamo e ritorniamo su alcuni temi che ci colpiscono. Quando l'idea diventa forte e non se ne va, allora pensiamo che può diventare un film». «The Old Oak» parla di solidarietà e di speranza: «La speranza è una questione politica. Chi ha speranza crede di poter cambiare le cose, chi non ce l'ha diventa cinico e disperato e lascia dietro di sé un vuoto pericoloso. Ma il mondo è pieno di gente in gamba, abbiamo tanta forza dalla nostra parte, dobbiamo avere fiducia». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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