Reduce dalla vittoria della sesta edizione del Pulcinella Film Fest come migliore attore in “Sassiwood” di Antonio Andrisani e Vito Cea, Giovanni Esposito è ovunque: cinema, televisione, teatro. Fino al 12 dicembre in scena al Bellini con “Regalo di Natale” di Pupi Avati, dal 26 dicembre al 6 gennaio al San Ferdinando con "A che servono questi quattrini" di Andrea Renzi, il 30 dicembre su Raiuno ne “I fratelli De Filippo” di Sergio Rubini, prossimamente al cinema nell’esordio alla regia di Alessandro Giglio, “Black Parthenope” e adesso in “Bar Stella” su Raidue, insieme a Stefano De Martino, fino al 28 dicembre, insomma l’artista napoletano non si ferma mai.
È stato anche di recente al cinema con “Benvenuti in casa Esposito” di Gianluca Ansanelli.
«Una goduria recitare in quel film.
Quindi la piattaforma serve?
«Assolutamente, è necessaria. Esiste e bisogna farci i conti. Mentre prima avevamo soltanto la tv e sapevamo che il film dal cinema avrebbe prima o poi fatto un passaggio obbligato sul piccolo schermo. Adesso, dopo un anno in cui si è consolidata la piattaforma, i tempi di diffusione di sono ridotti in sala e sei portato ad aspettarti che il successo che prima veniva decretato attraverso la sala adesso sia dettato da Sky e altre piattaforme. 'Troppo napoletano' di Ansanelli ha raggiunto grandi numeri con il passaggio all'online».
Secondo lei perché in questo momento si parla tanto dei De Filippo e di Scarpetta?
«Il progetto di Sergio è frutto di un lavoro di anni e anche quello di Mario Martone ("Non ti pago"). Poi, mi sembra naturale l'esigenza di voler raccontare il maggior drammaturgo e commediografo italiano, una guida per tutti. Chiunque vorrebbe lavorare su un testo suo o che abbia a che fare con lui o sui fratelli. Da poco poi è venuto a mancare Luca De Filippo, che era una presenza importante in questo panorama, portava in qualche modo la tradizione avanti. Tutti questi fattori contribuiscono al bisogno maggiore di ricordare quei personaggi, li sublimi con opere su di loro, che sono immortali come le loro opere».
Intanto sta aspettando di vedere in sala 'Black Parthenope'.
«Si tratta di un film a cui tengo molto, un film di genere in italiano finalmente. Un thriller, per l'esattezza, con difficoltà multiple: è girato a 50 metri sottoterra e con commistioni di lingue (italiano, napoletano e inglese), un valore aggiunto al film, che infatti spero vega visto in lingua originale, per me è bellissimo e in lingua suscita ancora più adrenalina ed emozioni. Spero venga distruito presto in sala, lo merita».
Progetti futuri?
«Ci sono vari progetti che devono vedere la luce, quello a cui tengo di più è il film che ho scritto con Francesco Prisco e Valentina Farinaccio, la mia prima regia di un lungometraggio, “Nero”, adesso in preproduzione. Non si tratta di una commedia, anzi è un film vicino alle pellicole d'autore, con delle linee fantasy per certi versi. Mi piace molto il film che ho in testa».