De Angelis: «Il mio comandante eroe perché italiano»

Il film girato nella base della Marina militare italiana a Taranto

De Angelis: «Il mio comandante eroe perché italiano»
di Luciano Giannini
Lunedì 21 Novembre 2022, 08:22
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Se negli States avessero un eroe simile, Hollywood gli avrebbe dedicato un film già 30, 40 anni fa... che so... Spielberg in cabina di regia e Tom Hanks nel ruolo di Salvatore Todaro. «In una notte dell'ottobre 1940, nell'Atlantico, il capitano di corvetta della Regia Marina, al comando del sommergibile Cappellini, cannoneggia e affonda la Kabalo, mercantile belga, ma non scompare nell'oceano; raccoglie i 27 naufraghi nemici; mette a rischio la propria unità e l'equipaggio navigando in superficie, ben visibile, per quattro giorni, con una dozzina di uomini sistemati alla meglio sullo scafo; approda alle Azzorre - neutrali - e salva tutti, compreso se stesso. Ai saluti, il secondo ufficiale della Kabalo gli chiede: Perché lo ha fatto?. E Todaro: Perché noi siamo italiani. Come si può non girare un film su questa storia!?».

Tramonto, ampia geografia di nuvole e aria quasi estiva sul «mar piccolo» di Taranto: nell'arsenale della Marina militare, all'ormeggio del comando Flottiglia Sottomarini, Edoardo De Angelis organizza la scena accanto alla torretta e al cannone del Cappellini. Non l'originale, perduto in guerra; quello nuovo, ricostruito per il set, 73 metri di acciaio, opera di oltre cento fabbri, tecnici, ingegneri. Gli manca soltanto il fondo (è appoggiato su galleggianti). Per le riprese in mare aperto, lo trascina un rimorchiatore. Là, accanto alle dormienti sagome di due sottomarini veri, classe Sauro, il regista napoletano gira «Comandante». Dopo due mesi nella base militare, le riprese degli interni a Cinecittà e la post-produzione, il film arriverà nelle sale più o meno a metà 2023. Pierfrancesco Favino è Todaro; un altro napoletano, Massimiliano Rossi, il suo secondo.



De Angelis firma la sceneggiatura con lo scrittore Sandro Veronesi, che sulla vicenda ha scritto anche un libro, con lo stesso titolo, in uscita a gennaio prossimo per Bompiani: «È un testo autonomo.

Il tuffo nel mondo marino di Todaro e dei suoi uomini, il crogiuolo di microstorie, paure, diverse lingue e dialetti dei marinai, i punti di vista ora di Todaro, ora dei naufraghi, che il film trattiene e accorpa, grazie alla parola scritta si liberano, fioriscono come letteratura. Insomma, la sceneggiatura ha generato un libro, che ha generato la sceneggiatura. È stata una osmosi».

Il budget di oltre 14 milioni di euro si giustifica. In quanto tempo avete costruito il Cappellini? Lo scenografo Carmine Guarino: «In nove mesi, ma le ricerche sono state difficili. La Marina, che ringraziamo, ci ha aperto gli archivi storici, con le foto d'epoca, ma nessun filmato. Abbiamo ridisegnato i pezzi, capendo le forme, ricostruendo i colori, arduo lavoro perché i sommergibili italiani vantavano interni con estetica e tinte più chiare dei rudi u-boat nazisti». Il resto lo faranno la maestria del regista, con i suoi attori, e gli effetti visivi diretti da Kevin Tod Haug: «Grazie a una tecnologia di ultima generazione, finora usata soltanto dalle major, alcuni sensori montati sulla macchina da presa e collegati con la postazione del visual director consentono al regista di vedere, su due monitor, la scena fisica e, in tempo reale, anche un primo abbozzo di quella virtuale, con possibilità immediata di modifiche». De Angelis: «La tecnologia non deve essere una sirena ammaliante, ma strumento al servizio del film. Il vero effetto speciale è la storia».

Perciò, il regista distribuisce ogni giorno a cast e troupe dei pizzini: «Quelle note contengono ciò che non è scritto in sceneggiatura, ma che io penso sia il cuore della scena da girare».

Se la Marina è al fianco della produzione fin dalla genesi del progetto (quattro anni fa), «la figlia di Todaro - spiega De Angelis - ha messo a disposizione il cascione che conserva diari, lettere alla moglie e altre sue memorie, preziose per ricostruire con fedeltà la vicenda e la visione di un militare dal carisma non comune, convinto comunque della propria missione; uomo multiforme, in parte misterioso, che praticava joga, per esempio».

Veronesi: «Ed era occultista in contatto, tramite il suo sarto-medium, con uno spirito guida; un guerriero dell'antica Grecia, diceva. Poi, studiava il parsi. E la figlia, che mai lo conobbe perché morì nel '42 a 34 anni, sposò un iraniano scoprendo, in seguito, che il padre parlava il persiano». De Angelis: «Un'altra coincidenza riguarda il nostro film. Veronesi apre una chat con artisti e intellettuali sensibili al dramma dei migranti e scopriamo che ne fa parte la nipote di Todaro».

Ecco, i migranti: il legame con l'attualità si dipana naturale. Il film prende corpo in tempi di governo Meloni, riaccese polemiche sulla questione, ruvidezze diplomatiche con la Francia, nuovi sbarchi e guerra alle Ong. De Angelis: «La legge del mare è superiore a quelle umane. L'uomo forte non usa la sopraffazione. Todaro ci insegna che chi lo è nel profondo, sa tendere la mano al debole». Veronesi: «Oggi si fa confusione tra soccorso e accoglienza. E sul primo non si discute. Si mette in pratica». Qualcuno potrebbe strumentalizzare il film? «No, perché raccontiamo una storia limpida, che dovrebbe insegnare agli italiani di chi sono figli». E De Angelis, citando il comandante: «Duemila anni fa guidavo una triremi. Ho due millenni di Storia alle spalle».

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