Isabelle Huppert a Pompei: «Recitare è un piacere ma l'arte è precisione»

Isabelle Huppert a Pompei: «Recitare è un piacere ma l'arte è precisione»
di Titta Fiore
Martedì 20 Luglio 2021, 12:00
5 Minuti di Lettura

Isabelle Huppert è un'artista totale. Un simbolo di carismatica perfezione, una garanzia di professionalità al cinema e in teatro. Non a caso Avignone e Cannes, i due festival più prestigiosi di Francia, l'hanno voluta protagonista nella stagione della ripartenza. E ora, dopo aver calcato da regina i loro palcoscenici e tappeti rossi, «la più grande attrice del ventunesimo secolo», parola del «New York Times», si prepara a chiudere in bellezza la rassegna «Pompeii Theatrum Mundi» con «La cerisaie», ovvero «Il giardino dei ciliegi» che ha trionfato ad Avignone nella versione attualizzata di Tiago Rodrigues, prossimo direttore della kermesse. Ultimo appuntamento del ciclo a cura del Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, che coproduce con il festival francese e la Fondazione Campania dei festival, lo spettacolo sarà in scena nel Teatro Grande dal 23 al 25 luglio, alle 21. E sabato, alle 12,30 al Mercadante, attrice e regista ne parleranno con il direttore dello Stabile Roberto Andò: sarà una preziosa occasione per entrare nel mondo di una primadonna della scena europea. «Adoro Napoli» dice al telefono da Parigi la Huppert, «c'è un'atmosfera straordinaria, non vedo l'ora di tornarci». 

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Per Rodrigues «Il giardino dei ciliegi» parla «dell'inesorabile forza del cambiamento», personale e sociale, soprattutto in questo momento storico. Lo pensa anche lei?
«Il testo di Cechov è universale, si adatta a qualsiasi epoca.

Nella sua regia Rodrigues tratta temi molto forti, anche violenti che lasciano il segno. Vedrete».

Che tipo di donna è la sua protagonista, Ljubov' Andreevna, che cosa le piace di lei?
«Tiago ha uno sguardo contemporaneo sui personaggi e lascia liberi gli attori di interpretarli. Non gli interessa il cliché cechoviano, preferisce far risaltare gli aspetti meno visibili, le sfumature dell'anima. Ljubov' ha perso un figlio e questo dramma non l'abbandona mai. Tuttavia vive di alti e bassi, come tutti, è piuttosto contenta di partire e si prepara a ritrovare ciò che ama a Parigi. La casa che lascia è il luogo dell'infanzia, ma anche quello dove si è consumata la tragedia, nei suoi confronti nutre sentimenti contraddittori».

Rodrigues dice che dirigerla è come mandare in campo Pelè: non servono indicazioni. E aggiunge che non è solo bravissima, ma anche coraggiosa. Serve coraggio per stare su un palco?
«Non credo, recitare è un grande piacere e farlo all'aperto ancora di più, ad Avignone siamo andati in scena con pioggia e vento, con il pubblico si era creato un rapporto quasi simbiotico, condivevamo le emozioni del testo e l'interazione con la natura. È stato bello. Non so se ci vuole coraggio ad affrontare tutto questo, energia sì, tanta. Nella vita non sono molto coraggiosa, ma la voglia di presentarmi davanti a duemila persone non mi manca. Mi è capitato tante volte, ci ho fatto l'abitudine».

Nella masterclass di Cannes ha detto: niente mi intimidisce. È così?
«Vero, ho paura di molte cose, ma non di stare su un palco o su un set. Sono fortunata a lavorare con persone straordinarie, niente è peggio della mancanza di talento, questo sì che mi fa paura. Il talento protegge, io mi sento protetta».

Il teatro dà agli attori una maggiore libertà rispetto al cinema?
«Moderatamente, sia il teatro che il cinema sono l'arte della precisione. È vero, però, che ogni sera in teatro c'è un'energia diversa e l'effetto sorpresa è piacevole. C'è sempre posto per l'imprevisto».

Con il cinema non succede?
«Di meno, le scene si ripetono più volte per ottenere il risultato voluto dal regista. Ma l'apporto dell'attore è importante, il suo ruolo non è mai passivo».

Aveva già recitato a Pompei, conosce il parco archeologico?
«Ho girato tra le rovine di Pompei un film di Diane Kurys, Dopo l'amore, ma recito per la prima volta nel Teatro Grande e ne sono felice. Ad Avignone abbiamo patito il freddo, ora aspettiamo con impazienza di sperimentare il caldo del Sud».

Nella serie Netflix «Chiama il mio agente» ha interpretato se stessa con molta autoironia.
«È stato divertente, diciamo che il ritratto era un po' esagerato, ma simpatico».

Le piacerebbe recitare in una serie?
«Perché no, sono aperta a tutte le novità. E da spettatrice, se mi capita, le guardo. The Crown, per esempio, è scritta molto bene, gli attori sono bravissimi».

Dove la rivedremo, al cinema?
«Dovremmo portare a Venezia, nella sezione Orizzonti, il film Le promesse».

A Napoli ha girato di recente il film di Michele Placido su Caravaggio. Ricordi particolari?
«È sempre un piacere lavorare a Napoli, per le atmosfere e le bellezze del suo patrimonio. Quanto al film, Michele ha un grande talento, il suo Caravaggio è un personaggio molto contemporaneo».

Tra Avignone e Cannes, lo spettacolo dal vivo è ripartito. Pensa che il peggio sia passato?
«È stato un piacere vedere le sale riaperte e piene di pubblico, siamo stati tutti felici di tornare alla vita. Purtroppo la pandemia sta rimontando, non dobbiamo smettere di fare attenzione». 

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