Italia, record di candidature all'Oscar: c'è Garrone, non Sorrentino

Italia, record di candidature all'Oscar: c'è Garrone, non Sorrentino
Martedì 18 Settembre 2018, 08:53 - Ultimo agg. 09:37
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La prima novità è il numero: ventuno titoli italiani in gara per la candidatura all’Oscar nella categoria riservata al miglior film straniero sono senz’altro un record, e se paragonati ai sei del 2016 e ai quattordici dell’anno scorso segnano un’escalation che è sintomo, almeno, di una ritrovata vivacità in controtendenza con quanti vorrebbero il nostro cinema sempre malfermo sulle gambe. La seconda novità è il ventaglio di proposte: nella lista dei film che dovrà essere vagliata dalla commissione istituita all’Anica, l’associazione dei produttori, figurano storie di ogni genere: c’è la commedia campione d’incasso «Come un gatto in tangenziale» di Riccardo Milani, il sensuale noir «Napoli velata» di Ferzan Ozpetek e l’affresco corale di Gabriele Muccino «A casa tutti bene», girato a Ischia; c’è il drammatico e premiatissimo «Dogman» di Matteo Garrone e il giallo classico di Donato Carrisi scrittore e regista «La ragazza nella nebbia» con Toni Servillo; c’è il film d’impegno civile di Alessio Cremonini sul caso Cucchi, «Sulla mia pelle», e il gotico «Riccardo va all’inferno» di Roberta Torre con Massimo Ranieri; c’è il mistery «Una storia senza nome» di Roberto Andò sulla sparizione della Natività di Caravaggio con Renato Carpentieri e il fantasy «Tito e gli alieni» di Paola Randi.  
Ci sono registi lanciati sul mercato internazionale come Paolo Genovese («The Place»), autori raffinati come Paolo Franchi («Dove non ho mai abitato») e outsider come Egidio Termine («Il figlio sospeso»), i napoletani Stefano Amatucci («Caina», favola nera sul dramma dell’emigrazione) e Ciro Formisano («L’esodo», denuncia sul dramma esodati), Ulisse Lendaro («L’età imperfetta») e Francesco Falaschi («Quanto basta»). C’è la favola ambientalista di Alice Rohrwacher piaciuta a Cannes («Lazzaro felice») e lo sguardo rigoroso da documentarista di Costanza Quatriglio sul genocidio del popolo Hazara («Sembra mio figlio»). C’è il vibrante «Nome di donna» di Marco Tullio Giordana sulle tema, purtroppo sempre centrale, nell’anno del «MeToo», delle molestie sul posto di lavoro. E ci sono gli exploit di piccoli, felici casi: «La terra dell’abbastanza» di Damiano e Fabio D’Innocenzo e «Manuel» di Dario Albertini.

Tra i film che si sono proposti per un’eventuale corsa alla prestigiosa statuetta sorprende l’assenza di «Loro» di Paolo Sorrentino, ma non è detto che l’affresco sugli anni del berlusconismo firmato dall’ultimo regista italiano ad aver vinto l’Oscar con «La grande bellezza», nel 2014, non possa rientrare in una delle categorie maggiori. Altri, come «Capri - Rrevolution» di Mario Martone, in uscita a Natale, non possiedono il requisito fondamentale, ovvero la distribuzione in sala tra il primo ottobre 2017 e il 30 settembre 2018. Data l’ampiezza della rosa, è difficile prevedere chi avrà le maggiori chances di essere scelto dalla commissione istituita su richiesta dell’Academy Awards. Sulla valutazione finale finiscono per pesare anche fattori non strettamente cinematografici, come una certa idea che i votanti d’oltreoceano hanno dell’Italia (oppure come pensiamo che vedano il Belpaese), la riconoscibilità dei nomi e dei volti, la comprensibilità dei temi trattati, l’immancabile vena di esotismo. Il 25 settembre sapremo. Già sappiamo, però, in che modo i signori dell’Academy si sono comportati negli ultimi anni, escludendo «A Ciambra» di Carpignano, «Fuocammare» di Rosi, «Non essere cattivo» di Caligari, «Il capitale umano» di Virzì. Così, per farsi un’idea. 
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