«La vita bugiarda degli adulti», viaggio sul set della serie Netflix: «Le due Napoli? Si guardano nello specchio»

«La vita bugiarda degli adulti», viaggio sul set della serie Netflix: «Le due Napoli? Si guardano nello specchio»
di Diego Del Pozzo
Lunedì 28 Febbraio 2022, 07:00 - Ultimo agg. 1 Marzo, 08:30
5 Minuti di Lettura

Le inconfondibili note di «Teardrop» dei Massive Attack, diffuse dagli altoparlanti montati sul set allestito sul molo del Carmine nel porto di Napoli, servono per creare la giusta atmosfera emotiva per le riprese della scena conclusiva del nuovo progetto seriale tratto da un romanzo di Elena Ferrante dopo L'amica geniale. Stavolta, a diventare narrazione audiovisiva è La vita bugiarda degli adulti, libro del 2019 pubblicato, come gli altri della misteriosa scrittrice partenopea, dalle edizioni e/o. La nuova serie, in sei episodi da 50 minuti l'uno, è firmata produttivamente dalla Fandango di Domenico Procacci e da Netflix, che la distribuirà online in tutto il mondo entro fine 2022. Alla regia c'è Edoardo De Angelis, garanzia di sguardo autoriale raffinato e consapevole, che firma anche la sceneggiatura, con la stessa Ferrante («Con la quale abbiamo comunicato attraverso i suoi editori e via email», spiega Procacci), Laura Paolucci e Francesco Piccolo. 

Nella bella luce di un soleggiato pomeriggio napoletano di fine febbraio, mentre la voce di Elizabeth Fraser e le malinconiche sonorità trip hop della band di Robert Del Naja arrivano in loop dall'impianto audio, la protagonista della serie, la diciottenne esordiente napoletana Giordana Marengo (scelta dopo 3.000 provini), viene diretta da De Angelis (che gira sempre con musica in sottofondo) mentre prende un autobus destinato a portarla chissà dove, verso l'altrove della vita adulta, oltre quel confine che separa tarda infanzia e piena adolescenza. Sul ciak c'è scritto «Scena 625». Il pullman parte, mentre la macchina da presa stringe sul primo piano della protagonista e su quello dell'amica che la accompagna nel nuovo itinerario esistenziale. Sullo sfondo, sventola una bandiera tricolore strappata e lercia, inquadrata per parecchi secondi al centro di una cartolina newpolitana lontanissima dalla Partenope dell'oleografia, poiché il Vesuvio che si vede in lontananza è quasi occultato dalle gigantesche gru, dai silos e dai container stipati in quella propaggine industriale assai poco turistica del porto. Il mare di Napoli, insomma, è intorbidito dalla polvere e dalla ruggine, così come, forse, anche l'anima stessa della città.
Come il romanzo di riferimento, anche la serie è ambientata negli anni 90 e racconta il percorso di crescita interiore e fisica dell'adolescente Giovanna in una città scissa tra «alto» e «basso», tra la sua anima colta e borghese e quella più popolare e ruspante, «due Napoli consanguinee», scrive Elena Ferrante, «che però si temono e si detestano». Accanto a Giordana Marengo, recitano Valeria Golino nel ruolo di zia Vittoria, il personaggio che incarna la Partenope dei bassifondi e della povertà; Alessandro Preziosi, il papà della protagonista, Andrea, fuggito anni prima proprio da quella città da lui percepita come cattiva e rozza; Pina Turco, sua moglie Nella; e le giovani Azzurra Mennella e Rossella Gamba, che interpretano Ida e Angela, due amiche di Giovanna.

Completano il cast Biagio Forestieri, Raffaella Rea, Susy Del Giudice, Giuseppe Brunetti, Maria Vera Ratti, Adriano Pantaleo e Giovanni Buselli.

De Angelis ha approcciato con rispetto e curiosità il testo di Elena Ferrante: «Ma i produttori volevano uno sguardo autoriale forte», sottolinea il regista, «e, infatti, io ho preso parte anche al processo di scrittura e poi ho diretto tutti e sei gli episodi, in modo da trarre dal materiale di partenza un racconto che fosse rispettoso ma al tempo stesso originale. Al centro della storia c'è una giovane donna che, attraverso un viaggio nel profondo della sua città, scopre un lato nascosto di se stessa. La sua è una storia universale, comune a molti esseri umani. Personalmente vi ho trovato una relazione di vicinanza con la mia esperienza di vita, il che ha generato in me una profonda connessione sentimentale con questa letteratura, facendomi desiderare di raccontarla attraverso le immagini». 

Video

Le riprese al porto di Napoli hanno concluso venti settimane di lavorazione all'ombra del Vesuvio, «per provare a restituire», aggiunge De Angelis, «la contrapposizione soltanto apparente tra le varie nature di questa città, tra la sua dimensione collinare e tutto ciò che c'è a valle: più che di contraddizione, infatti, si tratta di rapporto speculare, che risuona anche nelle psicologie dei personaggi e mi affascina molto come narratore. Napoli cela in ogni sua pietra il passato millenario, il presente e le ipotesi di futuro. E in ciò assomiglia a un essere umano». Per le location, produzione e regista sono rimasti fedeli ai luoghi del romanzo, dall'appartamento di via San Giacomo dei Capri della protagonista e dalle vie della Napoli borghese del Vomero all'immersione nel ventre antico del centro storico, dalle suggestioni del cimitero monumentale ai vicoli dei decumani e alle aree della zona industriale. Nei giorni scorsi, s'è girato per tre giorni anche nell'Accademia di Belle arti. La produzione adesso si trasferisce a Milano per un altro paio di settimane di riprese, che poi si concluderanno a giugno con una coda di qualche giorno. 

Giordana Marengo, vomerese, ricorda con emozione la prima volta sul set: «Non riuscivo quasi a parlare, ma già il giorno dopo m'ero sciolta e in questi mesi, grazie a Edoardo e a grandi attori come Valeria e Alessandro, sono cresciuta tanto». Il percorso della protagonista è calato nella Napoli degli anni 90. Per De Angelis, «è stato un periodo di straordinaria fioritura artistica, libera ma al tempo stesso politica. Da lì arriva tanto di buono che fa essere oggi così di moda questa città, anche al cinema e in tv, nonostante alcuni aspetti più politici siano purtroppo andati perduti. Nella serie, restituiremo quelle atmosfere anche grazie a tanta musica del periodo, sia italiana e internazionale che napoletana, guardando pure al fermento che c'era all'epoca nei centri sociali e in certi ambienti alternativi a quelli dominanti. E mi gioverò anche dei contributi originali di Enzo Avitabile. Ho amato molto raccontare tutto ciò attraverso il linguaggio seriale, che ormai assicura la stessa qualità del cinema ma conclude maggiori possibilità di approfondimento e dosaggio del ritmo grazie alla sua maggiore durata». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA