Marilyn Monroe, 60 anni fa la morte della bionda che fece sognare il mondo

Marilyn Monroe, 60 anni fa la morte della bionda che fece sognare il mondo
di Titta Fiore
Giovedì 4 Agosto 2022, 08:00 - Ultimo agg. 5 Agosto, 09:01
5 Minuti di Lettura

«Ho interpretato Marilyn Monroe, Marilyn Monroe, Marilyn Monroe. Ma fuori dallo schermo lei non esiste. Fuori io sono Norma Jeane». Sessant'anni fa moriva sola, disperata nella sua casa di Los Angeles, la bionda che aveva fatto sognare il mondo. Prigioniera, fino all'ultimo respiro, del dualismo feroce che aveva segnato la sua esistenza troncata troppo presto e troppo misteriosamente. Aveva lottato per lasciarsi alle spalle l'infanzia nelle case famiglia, la madre schizoide, gli abusi subiti. Aveva permesso che gli speculatori degli studios la trasformassero in un esplosivo oggetto del desiderio, ma non aveva dimenticato di avere un'anima. E quell'anima soffriva a ogni bruciatura della vita, a ogni soffio di inutile cattiveria. Sensuale e innocente, capricciosa e fragile, la ragazza che volle farsi Marilyn aveva conosciuto le miserie nascoste dietro la rutilante macchina dei sogni hollywoodiana, aveva accettato i ricatti sessuali e i sofà dei produttori, e ingaggiato una lotta titanica con se stessa per diventare migliore di quello che pensava di essere.

«Quando ero piccola, nessuno mi diceva mai che ero carina. Bisognerebbe dirlo a tutte le ragazzine, anche se non lo sono». Voleva essere guardata, Norma Jeane, ma Marilyn soffriva dello sguardo indagatore dei media e non riuscì mai a vincere quel senso di inadeguatezza che a volte la faceva piangere come una bambina fantasticando pensieri di morte. Le biografie che nel tempo hanno cercato di sciogliere i nodi della sua tormentata personalità la raccontano divisa, strattonata da aspirazioni diverse, vittima e carnefice di quell'immagine che si portava cucita addosso, inventata da troppi e interessati pigmalioni. E così promette di raccontarla «Blonde», l'attesissimo film di Andrew Dominick con l'attrice cubana Ana De Armas che si vedrà in anteprima alla Mostra di Venezia e poi su Netflix dal 28 settembre.

Lacerata da un destino feroce nella sua apparente luminosità, ferita a morte proprio da tutto ciò che l'aveva resa unica: «Ho interpretato Marilyn Monroe, Marilyn Monroe, Marilyn Monroe. Ma fuori dallo schermo lei non esiste».

Liberamente ispirato al libro biografico di Joyce Carol Oates (La nave di Teseo), «Blonde» è il primo film prodotto da Netflix vietato ai minori di 17 anni per via di alcune scene sessualmente esplicite e, a leggere la sinossi ufficiale, «reimmagina in modo molto audace la vita di una delle icone di Hollywood. Dalla sua infanzia problematica come Norma Jeane, al suo diventare una celebrità. Raccontando anche le sue storie d'amore, mischia realtà e finzione per esplorare una personalità sempre più dissociata dalla sua immagine pubblica». Ana De Armas, che è stata un'affascinante Bondgirl in «No Time to Die», dice di aver studiato per un anno centinaia di fotografie, film e nastri originali, di aver introiettato ogni dettaglio e immaginato cosa potesse provare la Monroe in quei momenti per calarsi nel personaggio nella maniera più aderente alla realtà: «Per me questo film è veramente la versione più audace e femminista della sua storia». 

La celebrità aveva reso Marilyn la donna più famosa del suo tempo e Norma Jeane la più misconosciuta. «Ho avuto il successo, ma non la felicità», diceva la diva al massimo del suo fulgore. Nella notte tra il 4 e il 5 agosto del 1962 morì, uccisa da una overdose di barbiturici. La trovarono nuda nel letto sfatto, la camera in disordine, la mano ancora protesa verso il telefono. Aveva 36 anni. 

La versione ufficiale derubricò il caso a «probabile suicidio», ma ci fu chi disse che erano stati i Kennedy, il presidente John e suo fratello Robert, ministro della Giustizia, entrambi suoi amanti, a volere la morte di una donna instabile e quindi pericolosa, e chi indicò nei capi mafia di Chicago i mandanti di un omicidio ordinato per vendicarsi della guerra scatenata dai Kennedy contro il malaffare. Quale che sia la causa, fu in quella notte tra il 4 e il 5 agosto di sessant'anni fa che Marilyn diventò una leggenda. Per sempre giovane, per sempre viva.

I film spumeggianti, le commedie ingenuamente sexy, gli uomini che preferiscono le bionde e i mariti che si divertono a New York quando le mogli vanno in vacanza, i diamanti che sono i migliori amici delle ragazze e gli amori che vanno e vengono, come quelli con l'ex campione Joe Di Maggio e con il problematico drammaturgo Arthur Miller, le foto tra lenzuola di velluto rosso e sulla grata della metropolitana con la gonna gonfiata dal vento, la voce sussurrata e le lacrime piante di nascosto, i figli desiderati e mai avuti e quell'«Happy Birthday, mr. President» cantato nel Madison Square Garden con Jackie impietrita tra il pubblico. Tutto ha contribuito ad alimentare il suo mito, a trasformarla, da sogno erotico di un paio di generazioni, in un'icona planetaria e senza tempo. In un brand solidissimo che non conosce momenti di stanca. «Ancora oggi continua ad essere una celebrità di serie A per collezionisti, fan e musei di tutto il mondo» dice Martin Nolan, direttore di una celebre casa d'aste di Los Angeles che nei giorni scorsi ha venduto a caro prezzo un abito realizzato dal costumista di fiducia di Marilyn, William Travilla, per il film «Follie dell'anno». E se una serigrafia di Andy Warhol con il volto della diva è stata appena battuta da Christie's alla cifra record di 195 milioni di dollari, è diventato un caso il prestito a Kim Kardashian del «naked dress», l'abito indossato dalla Monroe per il quarantacinquesimo compleanno di Kennedy. Fatto di impalpabile chiffon e cristalli e cucito addosso a Marilyn negli spogliatoi dello stadio, il mitico vestito non avrebbe retto alle forme non proprio efebiche dell'influencer, restando danneggiato per sempre in un goffo e inutile tentativo di imitazione. Perché a travestirsi sono buoni tutti, ad essere Marilyn è riuscita solo Norma Jeane. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA