Massimo Troisi, un genio che è sempre vivo

Massimo Troisi, un genio che è sempre vivo
di Titta Fiore
Lunedì 3 Giugno 2019, 07:00
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Quando vinse la Coppa Volpi alla Mostra di Venezia per «Che ora è» di Ettore Scola, Massimo Troisi l'accolse alla sua maniera, scherzando sull'ex aequo che avrebbe dovuto condividere con «l'insaziabile» Marcello Mastroianni. Poi, ragionando sui gusti del pubblico, così impossibili da prevedere, disse: «Il film che mi ha fatto avvicinare al cinema è stato Edipo re di Pasolini. Lo vidi a San Giorgio a Cremano, ero un ragazzo. Non capii niente, eppure ne fui affascinato. Ancora oggi Pasolini è l'autore che maggiormente mi emoziona. Ha proprio ragione Scola: per amare non c'è bisogno di capire».

Da venticinque anni, la scomparsa di Massimo è un amaro, incomprensibile sberleffo della vita. E da venticinque anni, tutto di lui resta vivo in chi l'ammirava e gli ha voluto bene. La genialità dell'arte, la poesia dei sentimenti, lo sguardo lungo sulla complessità del quotidiano. La leggerezza sapiente. Tutto resta. E tutto mette radici. Enzo Decaro, che gli fu accanto con Lello Arena nell'epoca gloriosa della Smorfia, dice con una sintesi efficace che Troisi «è contemporaneo come lo sono i classici»: «La sua bussola interiore, capace di guidarlo in tempi di grande disorientamento quali erano quelli che attraversavamo negli anni della nostra gioventù, ci indica ancora delle strade». Massimo, che se ne andò a 41 anni per via del suo cuore stanco e malato, è il simbolo della grazia applicata al talento, della resistenza tenace ai luoghi comuni, dell'ironia tagliente e mai volgare, di una comicità apparentata con l'etica. «Per tanti aspetti era un rivoluzionario, solo che esprimeva il suo punto di vista in modalità assolutamente personale». Toccava temi importanti alleggerendoli con la genialità di una battuta. «E quanto sarebbe necessario, un punto di vista centrato, in tempi così confusi e contraddittori, non servono troppe parole per dirlo. Massimo era un portatore sano di pensiero critico. Aver avuto la fortuna di condividerlo è l'eredità che io e Lello ci portiamo dentro».
 
In questo anniversario puntellato da diverse iniziative, dalla mostra multimediale in corso a Roma ai tanti servizi radiofonici e televisivi, alle celebrazioni di rito a San Giorgio a Cremano, la sua città natale, avrebbe dovuto trovare posto anche una laurea honoris causa. «Ne avevamo parlato con la Federico II un anno fa» racconta con una punta di amarezza Decaro, «ma la burocrazia, si sa, ha tempi lunghi. Sarebbe stata una bella occasione per ricordare la grandezza di un artista immenso. Un bel gol per l'università. Che dire... aspetto pacatamente che mantengano gli impegni presi. Nella storia dello spettacolo, nella cultura napoletana, Massimo ha rappresentato uno spartiacque. C'è un prima e un dopo Troisi e su questo bisogna confrontarsi».

Oggi l'attore e regista avrebbe sessantasei anni e chissà quali strade avrebbe preso il suo talento anarchico, quali scorciatoie poetiche avrebbe trovato il suo cinema, quali strappi del cuore avrebbe conosciuto la sua scrittura. Mi manca averlo visto con i capelli bianchi, ha detto Lello Arena, e ieri sera da Fazio in tv: «Il nostro compito è che si continui a parlare di lui e del suo talento». Mi manca la chiarezza della sua visione, dice Enzo Decaro. Eduardo De Filippo, quando lo incontrò, gli diede un solo consiglio: «Fai le cose che vuoi fare, non farti mai condizionare da nessuno». Seguendo la sua strada ostinata e contraria, Troisi antepose le riprese del «Postino» alla sua stessa vita. Recitò fino all'ultima scena con quel filo di voce che commosse il mondo e poi si addormentò per sempre, il 4 giugno di venticinque anni fa. A San Giorgio la famiglia lo ricorderà domani in forma privata. Ma nella scuola media G. Massaia, la stessa di Massimo, la sorella Rosaria ha voluto tenere tra mille difficoltà un laboratorio teatrale per accendere negli sguardi dei ragazzi l'amore per l'arte. E per parlare, nelle pieghe del saggio che faranno giovedì a Villa Bruno, di argomenti forti come il lavoro nero, la droga, i femminicidi. Però, senza darlo a vedere. Con una leggerezza troisiana.
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