Massimo Troisi, laurea honoris causa all'Università Federico II di Napoli

«Massimo sarà un laureato illustre che continuerà a spargere semi di pensiero»

Massimo Troisi
Massimo Troisi
di Titta Fiore
Lunedì 30 Gennaio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 31 Gennaio, 07:55
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Attore irresistibile, regista di rango, poeta finissimo, interprete geniale. E ora, anche dottore. A Massimo Troisi, per sempre vivo nella mente e nei cuori dei tanti che lo amano, l'Università Federico II conferirà una laurea honoris causa in Discipline della Musica e dello Spettacolo nei giorni delle celebrazioni per il suo settantesimo compleanno. Enzo Decaro, che ha promosso e fortemente sostenuto l'idea nel suo complesso iter formale, parla con la voce rotta dalla contentezza: «Ci sono voluti dieci anni, però ce l'ho fatta». Amico e compagno di strada di Massimo con Lello Arena ai tempi della Smorfia, protagonista con loro e testimone di una stagione irripetibile per talento e creatività, Decaro non nasconde la legittima soddisfazione per il bel risultato che corona un lungo impegno e promette di essere uno degli eventi clou tra i numerosi omaggi pensati a Napoli e a San Giorgio a Cremano in onore di Troisi: «Questa notizia mi ha emozionato più della mia stessa laurea». 

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Come ci si è arrivati, Enzo?
«Avevo cominciato a parlarne con Manfredi quando era rettore della Federico II, poi lui è diventato ministro, poi è arrivata la pandemia di Covid...

Insomma, il tempo passa in fretta. I settant'anni che Massimo avrebbe compiuto il prossimo 19 febbraio sono stati l'occasione giusta. La cerimonia si terrà il 20, il primo giorno utile dopo la domenica di festa. Ringrazio di cuore il rettore dell'ateneo Matteo Lorito, i professori Mazzucchi e Masecchia per averla resa possibile».

Quando ha cominciato a pensarci?
«Mi ha incoraggiato l'esempio di Renzo Arbore, che ha penato molto più di me per far attribuire la laurea honoris causa ad Antonio de Curtis, il nostro caro Totò. Non c'erano precedenti ed è stato un percorso laborioso. La notizia della laurea a Massimo è giunta quasi inaspettata, hanno fatto premio i settant'anni, via via sono diventati una ricorrenza molto sentita».

Come si svolgerà la cerimonia?
«Per ora posso solo immaginare la solennità e la commozione di quel momento, con la famiglia e gli amici di Massimo, i docenti in ermellino e i loro interventi So che all'Università ferve l'organizzazione dell'evento, io lo sto dicendo alle persone più vicine, ho mandato anche un messaggio a Paolo Sorrentino, conosciamo tutti l'ammirazione e l'affetto che aveva per Massimo».

E lui, Troisi, che si diplomò geometra con affanno, cosa avrebbe detto di questo conferimento?
«Forse avrebbe minimizzato, come faceva sempre su tutto. O forse, con il rapporto difficile che aveva avuto con la scuola, un rapporto non di amore-odio, direi proprio di odio-odio, si sarebbe sentito risarcito. La verità è che questa cerimonia serve più a noi che a lui. Massimo è stato molto più di un comico, deve stare sul podio che gli spetta, nella posizione autorevole che merita in una città stratificata come la nostra, dove le eccellenze culturali rappresentano la vera linea di continuità tra passato, presente e futuro. Assieme a Massimo e ai tanti altri protagonisti della scena, del cinema e delle lettere, da De Simone a Pino Daniele, ai Bennato, a De Berardinis, a Peppe e Concetta Barra, alla Nuova Compagnia di Canto Popolare e via via fino a Martone, a Servillo, abbiamo attraversato un'epoca straordinaria, poche volte c'è stato a Napoli un tale fermento di energie e di talenti. Dopo l'umiliazione del colera e la spallata del terremoto era come se i giovani sentissero la necessità di alzare la testa in ogni campo, nell'arte, nella politica, nei saperi. La laurea honoris causa a Massimo sottolinea anche l'importanza di quella stagione».

Un Troisi artista e pensatore, insomma.
«Sì, un laureato illustre che continuerà a spargere semi di pensiero, un primatista nell'affetto popolare e anche sul piano della riflessione critica. Proprio come è stato nel caso di Totò: il diploma di laurea che ebbi il piacere di portare alla figlia Liliana era il riconoscimento cercato per tutta la vita da Antonio de Curtis, regista di una maschera sublime che aspirava soprattutto ad essere riconosciuto come persona». 

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