MeToo a Venezia, bufera su Roman Polanski

MeToo a Venezia, bufera su Roman Polanski
di Titta Fiore
Giovedì 29 Agosto 2019, 08:00
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VENEZIA - Il direttore artistico Barbera l'aveva detto: sarà un'edizione della Mostra segnata dalle donne. E pazienza se su ventuno film in concorso solo due sono firmati da registe: i pregiudizi del passato e del mercato pesano ancora, ma sono destinati a cambiare perché la storia va in tutt'altra direzione. Lucrecia Martel, battagliera presidente della giuria principale, lo ha preso in parola. E ieri pomeriggio, a poche ore dall'apertura del festival inaugurato dal film «La vérité» di Kore-eda dominato da tre signore del cinema francese - Deneuve, Binoche e Sagnier - ha dato fuoco alle polveri, spettinando con il vento del MeToo la sonnolenta conferenza stampa di presentazione del consesso che dovrà assegnare il Leone d'oro e gli altri premi.
 
«Non parteciperò alla cena di gala di Polanski per non correre il rischio di dover applaudire» ha annunciato subito, tanto per chiarire la sua posizione nei confronti del regista accusato a Los Angeles di aver fatto sesso, alcuni decenni fa, con una minorenne e da allora inseguito da una richiesta di estradizione internazionale che lo terrà, a prescindere, lontano dal Lido. Il fatto che Barbera abbia messo in concorso il suo film sul caso Dreyfus, «J'accuse», tra i più attesi della Mostra, le è parso, diciamo così, inopportuno: «Io non riesco a separare l'uomo dall'opera, e ritengo che possa esserci disagio per l'eventuale presenza del regista, anche se dopo una piccola ricerca su Google ho visto che la vittima di Polanski si ritiene ormai soddisfatta. E chi sono io per sovrappormi alla volontà della vittima?».

Su posizioni opposte, e quindi inconciliabili, Barbera: «Non sono abituato a distinguere l'artista dall'uomo e in questo campo è difficile dare risposte univoche. La storia dell'arte è piena di artisti che si sono macchiati di crimini. Roman Polanski resta uno degli ultimi grandi maestri del cinema e non credo si possa aspettare anni per giudicare un suo film. Io non sono un giudice, ma un critico cinematografico. La sua opera mi è piaciuta molto, e il mio lavoro finisce qui».

Schierata con la stampa americana di settore, che da settimane sta martellando sul caso, Martel ha alzato ulteriormente l'asticella della polemica dando vita a un serrato botta e risposta con Barbera sulla questione del gender e delle pari opportunità, e ha rivendicato il valore delle quote rosa anche in campo artistico. Due sole donne in gara, la saudita Haifaa Al-Mansour e l'australiana Shannon Murphy sono poche, ha detto: «Perché al festival per due anni non facciamo cinquanta per cento donne e cinquanta uomini e vediamo che succede?». Perché la qualità conta più della quantità, ha replicato il direttore a difesa delle sue scelte: «Un quarto dei registi presenti quest'anno a Venezia sono donne, mi sembra un dato che riflette bene la situazione attuale». Cambierà, la condizione femminile nel mondo del cinema? «Io sono convinto di sì, diamoci un po' di tempo». Sul palco dell'inaugurazione, in serata, il direttore ha schierato i presidenti delle giurie di quest'anno e quattro su cinque sono signore ben note nel mondo dell'arte: oltre alla Martel, omaggiata dalla madrina parte-napoletana Alessandra Mastronardi come «la più importante cineasta latino-americana», Susanna Nicchiarelli per Orizzonti, Costanza Quatriglio per Venezia Classici e Laurie Anderson per la sezione dedicata alla Realtà Virtuale. Come a dire: basterà a chiuderla qui?

Non è bastato. Luca Barbareschi, coproduttore di «J'accuse», ha commentato l'uscita della Martel minacciando clamorosi gesti di protesta: «Siamo preoccupati che il film di Polanski non venga giudicato serenamente. Stiamo valutando di ritirarlo dal concorso, a meno che non arrivino delle scuse ufficiali». E così all'irruente regista non è rimasto che fare una clamorosa marcia indietro. «Ritengo che le mie parole siano state profondamente fraintese» ha dettato in una nota ufficiale: «Poiché non separo l'opera dal suo autore e ho riconosciuto molta umanità nelle precedenti opere di Polanski, non sono in alcun modo contraria alla presenza del suo film in concorso. Se avessi pregiudizi, mi dimetterei dal mio incarico di presidente della Giuria». E nel discorsetto di apertura, sul palco del Palazzo del cinema, ha riconosciuto «l'enorme privilegio» di essere alla Mostra a discutere di film importanti e dello stato del mondo.

Al suo ultimo mandato, il presidente della Biennale Baratta, davanti al ministro dei Beni Culturali Bonisoli, ha ringraziato Barbera per «il complesso e intelligente lavoro svolto». Poi tutti a cena sulla spiaggia illuminata dai fuochi d'artificio. E oggi si comincia davvero.
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