Mostra di Venezia kolossal tra le star di «Dune» e il dolore di Diana

Mostra di Venezia kolossal tra le star di «Dune» e il dolore di Diana
di Titta Fiore
Sabato 4 Settembre 2021, 08:00 - Ultimo agg. 5 Settembre, 10:44
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Deserto, guerrieri dagli occhi blu come i tuareg, elicotteri libellula, battaglie feroci, tradimenti scespiriani e l'attesa messianica di un nuovo eroe, l'Eletto con il volto dell'attore più amato dal pubblico giovane, Timothée Chalamet. Attesissimo dai fan del genere, riecco «Dune», il kolossal fantascientifico (siamo nel 10037) tratto dal romanzo di Frank Herbert, già affrontato con grandi problemi da David Lynch by Dino De Laurentiis e poi da Jodorowsky e ora affidato alle mani del veterano Denis Villeneuve: 165 milioni di budget, un cast stellare con Oscar Isaac, Rebecca Ferguson, Xavier Bardem, Zendaya, Josh Brolin, Jason Momoa, Charlotte Rampling, dal 16 settembre in uscita con Warner Bros dopo i numerosi rinvii imposti dalla pandemia. «I tempi sono difficili per tutti, ma spero che il pubblico si senta sicuro e vada in sala» dice il regista canadese di «Arrival» e del remake di «Blade Runner», «questo è un film sognato pensando al cinema, abbiamo voluto offrire un'esperienza fisica e immersiva in una realtà totale che si può godere appieno solo sul grande schermo». 

La storia è nota e racconta il viaggio del protagonista Paul Atreides, eroe per nascita e vocazione materna, sul pianeta più pericoloso della galassia per assicurare mezzi (la misteriosa spezia, il nuovo petrolio) e futuro al suo popolo e alla sua famiglia.

Spiega Villeneuve: «La sfida più grande è stata trovare un equilibrio tra un romanzo ricchissimo di dettagli e la necessità di privilegiare una linea narrativa. Comunque, niente in confronto allo sforzo per domare i capelli di Timothée, che hanno una vita propria». Per l'attore lanciato da Guadagnino e inseguito al Lido da centinaia di ragazzine adoranti il film, semplicemente, «è il lavoro di una vita», l'inizio di una saga che promette sorprese e fuochi d'artificio: «Abbiamo discusso molto, siamo andati a fondo nel pensiero dell'autore e della storia, poi mi sono lasciato andare, anche se ho seguito il progetto fin dall'inizio». Per Bardem «Dune» lancia un importante messaggio ambientalista: «Non parla di un ipotetico futuro, ma di ciò che sta accadendo ora. Con il mio personaggio, che si batte per la sopravvivenza del suo popolo, ho avuto un forte rapporto emotivo». Insomma, aggiunge Villeneuve, tra ecologia, guerre sante, esoterismo e migrazioni «il romanzo, nato come un ritratto trasfigurato del secolo passato, si configura sempre più come una previsione ed è più attuale che mai».

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Intanto, dopo l'accoglienza trionfale alla Mostra, anche la stampa internazionale esalta «È stata la mano di Dio» parlando senza mezzi termini di capolavoro. E i grandi festival già si contendono il film: l'altra notte, alla fine della proiezione e di un brindisi alla Certosa con gli attori del cast e un gruppo di selezionati ospiti, tra i quali Marco Bellocchio, il regista è partito per Telluride, quindi San Sebastian mentre alla fine di settembre è atteso a Los Angeles per l'inaugurazione del nuovo museo del cinema dell'Academy Awards.

Accoglienze molto positive, in sala con applausi scroscianti e sulla stampa anglosassone in particolare, per «Spencer», il film che Pablo Larrain ha dedicato a Lady Diana, andato sold out in un soffio. «Una favola tratta da una tragedia vera e senza il lieto fine che tutti ci saremmo aspettati dopo averla vista con l'abito da sposa al braccio di un principe» avverte il regista, già autore di un biopic su Jacqueline Kennedy. «Diana era un'icona famosa e bellissima, ma soprattutto una persona capace di provare empatia con le persone, ha portato un vento di giovinezza nel rigore della Royal Family, rinnovando suo malgrado le istituzioni». Nelle sue mise celeberrime, riproposte in un doloroso rondò da Larrain in una delle scene più toccanti del film, c'è Kristen Stewart, bravissima a trasmettere con lo sguardo la malinconia e il mal di vivere della principessa del popolo. «Avevo un compito non facile ma certo intrigante, quello di trasmettere sullo schermo l'energia e il magnetismo di questa donna, ma anche la sua grande solitudine. Diana illuminava gli altri, ma la luce non le veniva restituita. Era di una grande generosità e con un grande fuoco dentro, ma completamente disperata». La storia racconta il weekend del Natale del 1991 in cui Lady D. decise di riprendersi la sua vita, tra crisi di pianto, attacchi di bulimia, tentativi di suicidio. «Aveva un tocco irraggiungibile» commenta l'attrice, «mi è piaciuta la sua follia e l'imprevedibilità, l'ansia di essere libera e il dolore di sentirsi prigioniera di una gabbia dorata».

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