La lunga notte degli Oscar di Guadagnino: «Le quattro nomination sono il più bel regalo»

La lunga notte degli Oscar di Guadagnino: «Le quattro nomination sono il più bel regalo»
di Titta Fiore
Domenica 4 Marzo 2018, 07:28 - Ultimo agg. 12:32
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Correre per l'Oscar, e nelle categorie maggiori, che esperienza è?
«Sorprendente. Stancante. Avvolgente».

Luca Guadagnino è un uomo elegante e dissimula con garbo l'emozione di una vigilia importantissima. Ospite del Festival «Los Angeles, Italia», la rassegna di Pascal Vicedomini che promuove il nostro cinema e i suoi protagonisti nella settimana degli Academy Awards, la più strategica dell'anno, il regista racconta i giorni frenetici che lo hanno portato a un passo dalla Notte delle stelle e si gode il successo di «Chiamami col tuo nome», candidato a quattro premi - miglior film, attore protagonista, sceneggiatura non originale, canzone - e amatissimo da critica e pubblico internazionali. Cittadino del mondo e profondamente italiano, orgoglioso delle sue radici, arriva al Teatro Cinese con sorella, compagno e nipotini che ha voluto accanto nell'attesa di un evento cruciale nella carriera di ogni cineasta. Sorride, stringe mani, posa per gli inesorabili selfie; sul red carpet è il più stiloso, con memorabili scarpe borchiate e completo blu di tendenza.

Era dai tempi di Roberto Benigni con «La vita è bella» che l'Italia non gareggiava nella massima sezione dell'Oscar. Sente la responsabilità?
«Sono tranquillo, felice di incontrare le tante persone conosciute in un anno incredibile, contento dei premi che abbiamo già vinto».

È in gara per i più prestigiosi, l'emozione sarà alle stelle.
«Per ora non mi faccio prendere dall'ansia, domani il batticuore sarà inevitabile. Ma sul risultato non ho aspettative, le quattro nomination sono il più bel regalo che potessi ricevere».

Come s'immagina la serata al Dolby Theatre?
«Sono un fan del conduttore Jimmy Kimmel, voglio godermi le sue battute, e sono molto contento che Sufjan Stevens canti sul palco la canzone del mio film. Per il resto, so solo che dovrò starmene sei ore impettito in smoking e scarpe strette».
 
Le sue previsioni, al di là della scaramanzia?
«Potremmo avere ottime chance per la sceneggiatura di James Ivory, sarebbe un bel riconoscimento per un grande regista e per il romanzo di Aciman da cui è tratta».

Lo stile di Ivory ha un tocco speciale?
«James è un amico, un formidabile cineasta, e forse la sua età gli dà un certo grado di irresponsabilità».

Che cosa rappresenta «Chiamami col tuo nome» agli Oscar?
«Porta con orgoglio l'italianità che è sempre stata con me. Sono sorpreso dalla grande ondata emotiva che ha accompagnato il film fino a questo traguardo, ho ricevuto centinaia di lettere di spettatori entusiasti e commossi».

La macchina degli Oscar è un ingranaggio potente, ne ha sentito il peso?
«No, per niente... gli americani danno al cinema il valore che merita, lo considerano un grande veicolo dell'arte e dell'industria. Al contrario di certi nostri politici, pensano che con la cultura si mangi e danno spazio a tutti: ai film d'autore e a quelli per il grande pubblico. Come dimostrano le nomination dell'Academy».

I candidati al miglior film sono nove: oltre al suo, quali faranno la parte del leone?
«Il mio preferito è Il filo nascosto di Paul T. Anderson, ma penso che vincerà La forma dell'acqua, anche se Get Out potrebbe riservare qualche sorpresa».

Molti paragonano la corsa per l'Oscar a una campagna elettorale. Ha avuto la stessa sensazione?
«Sì, nel senso che bisogna convincere i votanti».

In Italia, nello stesso giorno, si vota. Come pensa che andrà?
«Credo che in ogni caso sarà un risultato parziale, compromissiorio, inefficace».

Che cosa ha significato la candidatura all'Oscar per il suo lavoro?
«Ogni impresa è una crescita, un avvicinamento progressivo al senso profondo delle cose. Fare Chiamami col tuo nome è stata un'avventura complessa, l'exploit al Sundance ci ha messi in corsa e dopo un anno e mezzo siamo qua, invitati ai premi più prestigiosi nella nostra alterità. Hollywood è una comunità aperta, inclusiva e crede nelle eccellenze artistiche. Il nostro film italiano che compete con i grandi autori del mondo e con gli studios lo dimostra».

Si dice: Guadagnino è più amato all'estero che in Italia. È davvero così?
«Ma no, ho avuto critiche bellissime anche in Italia, io amo il mio Paese e mi sento riamato».

Bernardo Bertolucci ha raccontato a «Variety» di essere un suo fan.
«Ricordo la notte insonne davanti alla tv a guardarlo vincere nove statuette con L'ultimo imperatore, un film capace di mettere insieme il meglio della creatività del mondo.

Per me l'Oscar è quell'emozione lì».

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