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Il Mattino

La mano di Sorrentino si avvicina all'Oscar bis

di Titta Fiore
Articolo riservato agli abbonati
Mercoledì 9 Febbraio 2022, 18:06
5 Minuti di Lettura

Felice, emozionato. «Questo film mi ha commosso scriverlo e farlo, anche il premio a Venezia mi ha commosso. Il mio modo di gioire per le cose belle che arrivano con È stata la mano di Dio è soprattutto la commozione». Paolo Sorrentino commenta in streaming dalla sua casa di Roma la soddisfazione di essere entrato nella cinquina dell'Oscar per il miglior film internazionale. «Non era scontato e non me lo aspettavo. In gara c'erano molti titoli importanti e il fatto che non sia nella rosa un grande regista come Farhadi dimostra quanto il gioco fosse complicato».

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Contento, è contento. Molto. A caldo aveva detto: «Sono felicissimo. È un riconoscimento ai temi del film, che sono le cose in cui credo: l'ironia, la libertà, la tolleranza, il dolore, la spensieratezza, la volontà, il futuro, Napoli e mia madre». A Maradona, la mano de Diòs, ha dedicato una storia su Instagram: la foto di un camion con l'immagine di Diego e la scritta «in viaggio per Los Angeles»: «Sul telefonino ho una cartella piena d foto sue, è solo un giochino, non significa nulla».

Negli ultimi quattro mesi è stato più volte negli Stati Uniti per il lancio del film «e in tempi di Covid è stato faticoso». Ora si prepara a tornarci in primavera, in vista della Notte delle stelle, il 27 marzo, a otto anni di distanza dal trionfo con «La grande bellezza»: «Sono emozionato, ma tranquillo. Mi piace pensare che troveremo un clima meno rigido e una maggiore libertà, visto che i dati della pandemia stanno calando. Sara bello partecipare agli Oscar, una grande festa e un'occasione per incontrare persone di ogni parte del mondo che fanno il tuo stesso lavoro».

In cinquina con lui ci sono il norvegese «La persona peggiore del mondo», il cartoon danese «Flee», «Lunana: A Yak in the Classroom» dal Bhutan, e il giapponese «Drive my «car», da un romanzo di Murakami, candidato anche per la regia, la sceneggiatura non originale e per il miglior film. «È inutile girarci intorno, è lui il rivale da battere» dice Sorrentino. «E va bene così. Quando La grande bellezza diventò il favorito mi sentivo in soggezione, ora va meglio, mi piace molto di più partire dalla panchina».
Che cosa gli ha insegnato l'esperienza del 2014? «Non saprei, non ci sono regole alle quali adeguarsi. Mi fa sorridere sentir dire che un film è da Oscar, come se ci fosse una formula. Se c'è, io non ce l'ho, e non ce l'ha neppure Spielberg». Entrare nella cinquina finale, quindi, è già una vittoria: «Significa che sei in un gruppo ristretto di registi considerati bravi. È un riconoscimento ai temi del film».

Video

Rispetto alla prima volta, gareggiare gli mette meno ansia. «Sono più vecchio di otto anni, ho un rapporto con le cose meno nervoso, mi sento più pacificato ed è un grandissimo sollievo. Non per questo sono meno appassionato, piuttosto direi fatalista, pronto ad accogliere quello che viene, nel bene e nel male. Per la nomination de La grande bellezza ero più agitato».
Sorrentino era stato l'ultimo regista italiano a entrare nella cinquina finale. Ora il bis. «È stato un caso, arrivare alla cinquina è il frutto anche di convergenze fortuite. Significa che hai il film giusto in quel momento, non che gli altri che ti hanno preceduto fossero meno buoni. Quest'anno i votanti sono diecimila, il numero delle eventualità è davvero alto. Alla fine si tratta di un gioco e, come nelle partite di calcio, può sempre succedere qualcosa di imponderabile».
Oggi il regista festeggerà con la moglie Daniela e i due figli, poi si preparerà alla marcia di avvicinamento alla cerimonia nel Dolby Theatre di Hollywood. Tante proiezioni e incontri con il pubblico, party e norme anti Covid. Poi sarà quel che sarà. Intanto Robert De Niro gli ha dedicato su «Deadline» un clamoroso endorsement. Che effetto gli ha fatto? «Felicità pura. Per me e per quelli della mia generazione, ma direi di tutte le generazioni, De Niro è una divinità. È stato come essere incoronato da un re del cinema».

Quanto alle altre nomination, il western di Jane Campion, «Il potere del cane», è in testa con dodici candidature, seguono il fantascientifico «Dune» di Denis Villeneuve con dieci, l'irlandese «Belfast» di Kenneth Branagh con sette a pari merito con «West Side Story» di Steven Spielberg e il biografico «King Richard» di Reinaldo Marcus Green con sei. Tra gli attori, spicca la coppia Penelope Cruz-Javier Bardem, lei con «Madres Paralelas», lui con «Being the Ricardos». Per l'Italia sono in gara anche Massimo Cantini Parrini per i costumi di «Cyrano» e Enrico Casarosa per il cartone animato «Luca». Per il miglior film si sfidano «Belfast», «Il potere del cane», «West Side Story», «Coda», «Don't Look Up», «Drive my Car», «Dune», «King Richard», «Licorice Pizza» e «Nightmare Alley». Qual è il preferito di Sorrentino? «Per me Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson nella sua semplicità e apparente convenzionalità è un capolavoro. Tocca livelli di leggerezza e di emozione molto difficili da raggiungere».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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