Paolo Sorrentino riporta il teatro in tv il sabato sera: «Mattia Torre manca a tutti»

«Sei pezzi facili» porta in scena le opere più famose del compianto Mattia Torre

La Presentazione di “Sei Pezzi Facili” di Paolo Sorrentino
La Presentazione di “Sei Pezzi Facili” di Paolo Sorrentino
di Titta Fiore
Mercoledì 9 Novembre 2022, 07:00 - Ultimo agg. 19:26
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Con Paolo Sorrentino il sabato sera il teatro torna in tv. Il piccolo miracolo che rompe la routine dei palinsesti s'intitola «Sei pezzi facili» e porta in scena, con la firma del premio Oscar, le opere più famose del compianto Mattia Torre, l'autore e drammaturgo di «Boris» e «La linea verticale», prematuramente scomparso nel 2019 a 47 anni. Cinque serate su Raitre alle 22, a partire dal 19 settembre e nella collocazione più ambita. Dice il regista: «Questo progetto nasce da due ragioni. La prima è sentimentale: Mattia mi manca molto e attraverso gli attori mi è sembrato di risentire ancora la sua voce. L'altra è una necessità professionale: era giusto dare al suo teatro così potente l'amplificazione che solo la televisione può assicurare». 

Dall'Ambra Jovinelli di Roma, la «sua» sala, le opere dello scrittore rivivono grazie alla comunità degli amici attori Valerio Mastandrea («Migliore», il monologo che apre la serie), Geppi Cucciari («Perfetta»), Valerio Aprea e Paolo Calabresi (Qui e ora»), Giordano Agrusta, Massimo De Lorenzo, Cristina Pellegrino, Carlo De Ruggiero («456») e ancora Valerio Aprea per «In mezzo al mare» e «Gola». Il ciclo, prodotto da Fremantle in collaborazione con The Apartment per Rai Cultura, è nato da un'idea della vedova Francesca Rocca e ha trovato in Lorenzo Mieli, da sempre vicino al drammaturgo, l'alleato ideale. «Mattia amava il teatro e voleva che tutti vedessero il suo talento» racconta lei, «questo progetto è il più grande regalo per i cinquant'anni che non ha potuto compiere».

Come si è avvicinato ai suoi testi, Sorrentino? «Con una regia di minimi appigli cinematografici. Ho cercato di rispettare il pensiero di Mattia raccogliendo le indicazioni degli attori e di intervenire sul ritmo senza modificare l'assetto, totalmente compiuto. Si lavora di fantasia quando le cose non funzionano, in caso contrario si rischia di diventare ridondanti e retorici». Paolo Sorrentino non è nuovo al crossover di linguaggi, anni fa aveva già firmato le regie televisive degli spettacoli eduardiani di Toni Servillo «Sabato, domenica e lunedì» e «Le voci di dentro»: «Mattia Torre è un classico come Eduardo e come lui va rappresentato» dice, «non mi sognerei di portare De Filippo ai Quartieri Spagnoli solo perché piace a me. Eduardo sta bene dove sta, in palcoscenico». Che cosa rende i testi di Mattia Torre unici e speciali? «Il suo teatro viaggia su un doppio binario, fondamentalmente è comico ma si muove su temi profondi, delicati e paurosi. È un teatro contemporaneo e libero, non schiavo delle derive degli ultimi tempi, libero nell'uso delle parole, appassionato e coerente con gli argomenti che esplora. Mattia è un grandissimo indagatore di certi nostri vizi e miserie, amandoli e ricordandoci che quelle miserie possono essere amate». Ricorda Francesca Rocca: «Diceva che la comicità serve a portare a bordo tutti per poi farli stare male. Essere qui, oggi, significa legittimare la sua poetica». 

 

La regia rispettosa di Sorrentino prevede «postille in testa o in coda agli spettacoli». In «Gola», disponibile in anteprima su Rai Play, alla fine del monologo esilarante e feroce sul rapporto degli italiani con il cibo Valerio Aprea, per esempio, scende quasi benedicente tra gli spettatori, issato sul carrello della macchina da presa. Commenta l'attore: «Mattia ha una comicità irrinunciabile, da paura, sa fare dell'intrattenimento un'arte sopraffina. I giovani che amano la serie Boris devono assolutamente vedere i suoi spettacoli». E se l'ad Carlo Fuortes parla di «un progetto originale che riporta ai momenti migliori della Rai, quando la tv pubblica coinvolgeva grandi artisti come Fellini, Bertolucci, Olmi, Ronconi», Mastandrea racconta di aver vissuto l'esperienza come «un viaggio sentimentale, ognuno di noi si è fatto il suo». E ora, alla fine del percorso, Sorrentino si sente tentato dalla regia teatrale? «Penso di non esserne in grado, anche se non si sa mai». Però ammette che i testi corali di Torre, «Qui e ora» e «456», sarebbero «un meraviglioso punto di partenza per un film». Il discorso, insomma, potrebbe non essere chiuso. 

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