Il successo che "È stata la mano di Dio" sta ottenendo in sala «mi rende molto felice, avevo paura naturalmente. Essendo un film sulla mia vita, se le persone in Italia non l'avessero apprezzato sarebbe stato un grande dispiacere per me. Invece sono molto sollevato per il fatto che il pubblico stia amando il film e sono felice soprattutto stia piacendo ai ragazzi». Lo dice Paolo Sorrentino nel panel dedicato alla sua opera più autobiografica, in 'Deadline contenders', la serie di incontri in corso a New York (nella doppia formula di pubblico in sala e diretta streaming) dedicata dalla testata di cinema, ai film che aspirano ai maggiori premi della stagione.
"È stata la mano di Dio", arrivato il 24 novembre nelle sale italiane e dal 15 dicembre su Netflix, si presenta come candidato italiano per l'Oscar al miglior film internazionale, dopo aver conquistato al Lido il Gran premio della Giuria e il premio Mastroianni per il protagonista, Filippo Scotti (presente al panel con il regista e la direttrice della fotografia Daria D'Antonio), oltre a tre candidature agli European Film Awards. Sorrentino, che a New York ha appena inaugurato, introducendo La Strada, la grande retrospettiva su Fellini organizzata al Moma, spiega che per lui era arrivato il momento giusto per fare un film così personale: «Gli eventi tragici di cui parlo (la morte dei genitori quand'era ancora adolescente, ndr) sono accaduti più di 30 anni fa, quindi c'era la giusta distanza per riuscire ad evitare di fare un film retorico sul mio dolore.
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