Sorrentino, lacrime e applausi per "È stata la mano di Dio": commozione in sala a Venezia

Sorrentino, lacrime e applausi per "È stata la mano di Dio": commozione in sala a Venezia
Sorrentino, lacrime e applausi per "È stata la mano di Dio": commozione in sala a Venezia
di Gloria Satta
Venerdì 3 Settembre 2021, 08:43 - Ultimo agg. 10:12
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Amore e dolore, commozione e risate, tragedia e riscatto. E la sincerità di chi fa i conti con il proprio passato, lo trasfigura e trova nel cinema la forza, o meglio l'arte di condividerlo con il pubblico. A vent'anni dallo sbarco al Lido con l'opera prima L'Uomo in più, un Oscar e molti successi dopo Paolo Sorrentino porta alla 78esima Mostra il suo film autobiografico È stata la mano di Dio, primo dei 5 italiani in concorso (in sala il 24 novembre, dal 15 dicembre su Netflix) che ripercorre la sua giovinezza «allegra e triste» nell'effervescente Napoli degli anni Ottanta, mai vista così promiscua e affascinante, ammaliata dallo sbarco di Maradona, fotografata magicamente ma senza retorica da Daria D'Antonio. E in sala è un trionfo, tutte le proiezioni prese d'assalto, le ovazioni si susseguono, il pubblico ride e piange nel ripercorrere la storia del futuro maestro che a 16 anni perde il padre e la madre a causa di una fuga di monossido di carbonio nella casa delle vacanze e trova poi nel cinema il suo futuro. E alla fine della proiezione serale, dopo 9 minuti di applausi, è lo stesso Sorrentino a commuoversi.

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ATTO LIBERATORIO
«Da molto tempo desideravo girare un film su quella tragedia che ha segnato la mia vita», spiega il regista, «poi l'anno scorso ho compiuto i 50, l'età in cui si fanno i bilanci, e ho pensato che fosse venuto il momento.

Ho scritto il copione in pochissimo tempo, durante il lockdown, trovando quel coraggio che al di fuori del cinema mi manca». Un atto liberatorio? «Lo spero. Questo film così personale, quasi una risposta provocatoria a chi mi ha accusato in passato di raccontare storie non personali, rappresenta il mio nuovo inizio. Anche perché ho adottato uno stile diverso dai miei lavori precedenti: più asciutto, essenziale, naturalistico. Ho fatto piazza pulita delle invenzioni cinematografiche per lasciar parlare le emozioni, i sentimenti».

Accanto a Sorrentino, proprio come vent'anni fa, c'è Toni Servillo nei panni del padre: «Paolo mi considera un fratello maggiore, ora mi ha promosso sul campo», sorride l'attore. Il giovane Sorrentino è interpretato da Filippo Scotti, attore napoletano 21enne dagli occhi profondi: «In lui ho cercato la timidezza e il senso d'inadeguatezza di me adolescente», spiega il regista, mentre Filippo rivela: «Paolo mi ha dato un'unica indicazione: raccontare la mia verità dopo che lui aveva raccontato la sua». Teresa Saponangelo fa la madre del protagonista, completa il cast una magnifica pattuglia di attori: Luisa Ranieri nel ruolo di un'irresistibile zia fuori di testa, Massimiliano Gallo, Enzo Decaro, Lino Musella, Betti Pedrazzi, Renato Carpentieri.

Sullo sfondo c'è Maradona, negli anni Ottanta il riscatto di Napoli e l'idolo del giovane Sorrentino che si salvò la vita non andando in vacanza con i genitori per seguire una partita del campione. «Purtroppo è sempre stato inavvicinabile e non sono riuscito a parlargli del film. Avrei tanto voluto mostrarglielo... la sua morte è stata un lutto non descrivibile». E la minaccia di fare causa al regista perché il titolo ruba la celebre frase pronunciata da Diego dopo un goal irregolare? «Sono sicuro che Maradona non ne sapesse niente, dev'essere stata un'iniziativa del suo entourage». Nel film si mischiano personaggi veri a figure inventate, episodi realmente accaduti ad aneddoti scaturiti dalla fantasia del regista che parteciperà ora ai festival di Telluride, in Colorado, e San Sebastian.

«Finalmente torniamo a viaggiare e seguirò il film in tutto il mondo, qualunque altro progetto è congelato». Netflix? «Volevo girare un film con loro già prima della pandemia. Ho visto come hanno lanciato Ròma di Alfonso Cuaròn e ho chiesto lo stesso trattamento». Sono stati applauditi alla Mostra anche altri due film diretti da maestri: Il collezionista di carte di Paul Schrader (in sala oggi con Lucky Red) sul senso di colpa dell'ex torturatore di Abu Grahib Oscar Isaacs, e The Power of the Dog, «western tossico» targato Netflix e diretto da Jane Campion, che ha detto: «Le donne registe si comportano bene, basti pensare a Chloé Zhao che ha vinto il Leone d'oro a Venezia e poi l'Oscar. Se le si dà una possibilità, non c'è niente che fermi una donna, purtroppo non ci sono abbastanza voci femminili nella narrazione».

CINECITTÀ
E al Lido il ministro Dario Franceschini ha ribadito il ruolo strategico di Roma nell'industria cinematografica: «A Cinecittà nascerà un grande hub del cinema europeo», ha ricordato. «Il Governo ha deciso di fare un grande investimento che guarda al futuro del cinema italiano e ci mette in condizione di esercitare un ruolo di leadership in Europa».
 

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