«The Good Mothers», su Disney+ il coraggio delle donne contro la 'ndrangheta

La nuova serie originale italiana di Disney+ in gara al Festival di Berlino

Una scena tratta da «The Good Mothers»
Una scena tratta da «The Good Mothers»
di Titta Fiore
Mercoledì 22 Febbraio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 23 Febbraio, 07:27
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Le storie di Lea Garofalo, di sua figlia Denise e delle altre donne di ndrangheta che si sono ribellate al sistema criminale, pagando un prezzo altissimo per il loro coraggio, nei casi più drammatici anche con la vita, sono al centro di «The Good Mothers», la nuova serie originale italiana di Disney+ in gara al Festival di Berlino nella sezione appena inaugurata dedicata alla serialità. Sei puntate prodotte da House e Wildside (del gruppo Fremantle), disponibili dal 5 aprile sulla piattaforma e basate sull'omonimo bestseller del giornalista Alex Perry: dietro la macchina da presa il regista di «The Crown» Julian Jarrold ed Elisa Amoruso («Chiara Ferragni: Unposted»). «Raccontiamo donne cresciute in un contesto patriarcale difficilissimo che hanno trovato la forza di rompere quel clima di paura e di omertà per assicurare a se stesse e ai loro figli una vita diversa» spiegano i due autori. «Persone ordinarie che hanno fatto cose straordinarie» sintetizza lo sceneggiatore Stephen Burchard.

Micaela Ramazzotti è Lea Garofalo, barbaramente uccisa nel 2009 perché aveva testimoniato contro il marito mafioso per sfuggire alla sua morsa e iniziare una nuova vita. Gaia Girace, che è stata l'indomita Lila dell'«Amica geniale», interpreta sua figlia Denise, che continuerà sulla sua strada, Valentina Bellè è Giuseppina Pesce, Simona Distefano veste i panni di Maria Concetta Cacciola: tre giovani donne appartenenti ai clan più feroci della ndrangheta calabrese diventate collaboratrici di giustizia contro le loro famiglie d'origine, al fianco di una coraggiosa e brillante Pm (Barbara Chichiarelli), che lavora per scardinare le cosche dall'interno.

Tutt'e tre si dicono orgogliose e grate per aver avuto l'opportunità di portarle sullo schermo.

Gaia Girace: «La serie mi ha fatto aprire gli occhi su questo tipo di realtà, mostrata sempre dal punto di vista maschile. Noi, invece, abbiamo potuto ribaltare la prospettiva e raccontarla dalla parte delle vittime, ragazze costrette a sposarsi a quindici, sedici anni con uno sconosciuto e a piegare la testa davanti agli uomini di casa. Spero che la loro ribellione rappresenti un messaggio di speranza. Rispetto al personaggio di Lila, Denise vuole sradicare un sistema, ha voglia di rivalsa, è una che non si piega». E Micaela Ramazzotti: «Lea Garofalo è andata contro la ndrangheta sapendo che l'avrebbero uccisa, eppure non si è tirata indietro. Ha fatto cose potentissime ed è riuscita a trasmettere alla figlia i suoi valori, sono fiera di averla interpretata». Per Valentina Bellè girare in Calabria è stato «un viaggio importante», per tanti motivi: «Ho incontrato chi negava l'esistenza della ndrangheta: Ancora con queste favole?, e chi si lamentava dell'assenza dello Stato: Qui non abbiamo nulla, neppure il sindaco o il prete. Mi ha molto colpito: se cresci in un ambiente dove l'alternativa non esiste, diventa molto difficile combattere il sistema». 

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Affrontare le storie dalla prospettiva femminile è stato il punto di svolta del racconto. «Non volevamo ricorrere ai cliché sulla mafia e giocare la facile carta della violenza» commenta Jarrold: «Le atrocità sono dietro l'angolo, ma in primo piano resta la sofferenza delle donne oppresse da una mentalità arcaica e patriarcale». È d'accordo Elisa Amoruso? «In genere gli uomini gestiscono il potere e quindi sono loro i protagonisti. Invece Lea Garofalo ha rotto la gabbia che la imprigionava, è stata la prima a ribellarsi e ha aperto una strada. Giuseppina Pesce aveva un piccolo spazio di potere, ma era anche una madre, e questo l'ha resa più forte e determinata nel suo tentativo di affrancarsi dal sistema criminale. E poi c'è Denise, il simbolo di una nuova generazione di ragazze che, ovunque, nel mondo, lottano per la libertà. Noi abbiamo raccontato un livello estremo di sopraffazione, ma il messaggio della serie è talmente forte che merita di essere universale». A Berlino ieri sera sono stati presentati in anteprima mondiale i primi due episodi, poi «The Good Mothers» si vedrà in 75 paesi e, dicono tutti, autori, sceneggiatore e attrici, contribuirà anche a raccontare l'Italia all'estero in un modo nuovo e positivo, senza enfasi né retorica. 

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