Venezia 78, la Mostra del cinema parla napoletano con Paolo Sorrentino e Mario Martone

Venezia 78, la Mostra del cinema parla napoletano con Paolo Sorrentino e Mario Martone
di Titta Fiore
Martedì 27 Luglio 2021, 08:02 - Ultimo agg. 19:29
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I pezzi da novanta del cinema italiano in concorso e fuori, il ritorno delle major americane sul tappeto rosso, un cartellone ricchissimo con film da 59 Paesi e tanta, tanta Napoli con i suoi artisti e le sue storie nella prossima Mostra di Venezia (1-11 settembre) annunciata ieri dal presidente Roberto Cicutto e dal direttore artistico Alberto Barbera. Un'edizione extralarge di grande prestigio che mette in ombra quella appena chiusa di Cannes, aperta al mondo e nello stesso tempo fortemente identitaria, capace di eventi e sorprese ma tenendo sempre sotto controllo la situazione sanitaria, tra green pass, tamponi, prenotazione dei posti e distanziamento, come e più dell'anno scorso.

Cinque gli italiani in gara, guidati dal premio Oscar Paolo Sorrentino e da un veterano del Lido qual è Mario Martone. Con «È stata la mano di Dio», il regista di «La grande bellezza» ricostruisce la propria giovinezza napoletana (nei suoi panni il giovane Filippo Scotti), il dolore per la tragica perdita dei genitori (interpretati da Toni Servillo e Teresa Saponangelo) e il riscatto, o qualcosa che gli si avvicina molto, nella passione per il Napoli di Maradona. Un film attesissimo, che Netflix farà uscire in sale selezionate e sulla piattaforma in 190 Paesi, prodotto da The Apartment e che Sorrentino, su Instagram, presenta così: «Da ragazzi, il futuro ci sembra buio. Barcollanti tra gioie e dolori, ci sentiamo inadeguati. E invece il futuro è la dietro. Bisogna aspettare e cercare. Poi arriva. E sa essere bellissimo. Di questo parla È stata la mano di Dio.

Senza trucchi, questa è la mia storia e, probabilmente, anche la vostra». In «Qui rido io» Martone racconta, invece, la vita di Eduardo Scarpetta (toni Servillo), attore e commediografo di popolarissima fama, nonché patriarca di una straordinaria famiglia allargata composta, tra gli altri, dai tre fratelli De Filippo, figli illegittimi e mai riconosciuti. «Per tutta la vita il grande Eduardo non volle mai parlare di Scarpetta come padre, ma solo come autore teatrale» dice il regista. «Quando suo fratello Peppino lo ritrasse spietatamente in un libro autobiografico, Eduardo gli levò il saluto per sempre. Qui rido io è l'immaginario romanzo di Eduardo Scarpetta e della sua tribù». 

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Completano la rosa dei titoli italiani in gara «Freaks Out», l'ambizioso progetto che Gabriele Mainetti ha girato dopo il successo di «Jeeg Robot» immaginandolo in una Roma occupata del 1943, ancora con Claudio Santamaria e con Pietro Castellitto; «America Latina», misterioso thriller dei fratelli D'Innocenzo («abbiamo inseguito con tenacia questo palcoscenico e ora, con responsabilità e umiltà, ci ridiamo allo sguardo degli spettatori»), con Elio Germano; «Il buco» di Michelangelo Frammartino, tornato al cinema a 11 anni da «Le quattro volte» con una storia ispirata all'avventura di un gruppo di speleologi che nel 1961 scopre sull'altopiano del Pollino una delle grotte più profonde del mondo. Fuori concorso vedremo «Ariaferma» dell'ischitano Leonardo Di Costanzo, ambientato in una prigione sarda in via di dismissione, con Toni Servillo (al suo terzo film in cartellone) guardia carceraria e Silvio Orlando detenuto. E sempre Silvio Orlando sarà protagonista del film di chiusura, «Il bambino nascosto» di Roberto Andò. Anche in questo caso, una storia ambientata e girata a Napoli, a riprova di una vivacità creativa, di un fermento industriale e di un sostegno istituzionale che non conoscono battute d'arresto. Più di venti i titoli italiani nel cartellone, fuori concorso anche «La scuola cattolica» di Stefano Mordini, dal libro di Albinati, sull'efferato delitto del Circeo. Con Valeria Golino, Scamarcio, Jasmine Trinca. Nella sezione No Fiction tanta musica con «Ezio Bosso - Le cose che restano» di Giorgio Verdelli, «Deandrè#Deandrè - Storia di un impiegato» con concerto live di Cristiano De Andrè il 10 settembre alla Darsena, nonché «Hallelujah» su Leonard Cohen e «Django&Django», una lezione di cinema di Quentin Tarantino sugli amati B-movie all'italiana. In concorso a Orizzonti Laura Bispuri con «Il Paradiso del pavone» e Yuri Ancarani con «Atlantide» e nella sezione Orizzonti Extra «La ragazza ha volato» di Wilma Labate e «La macchina delle immagini di Alfredo C.» di Roland Sejko. 

Cresce la qualità delle opere (Barbera: «È come se la pandemia avesse acuito la sensibilità e il talento»), tornano le major e le star, «perché gli americani sono usciti prima di noi dal lockdown e sono prontissimi alla ripartenza». Ecco, allora il kolossal «Dune» di Denis Villeneuve con Timothée Chalamet e Charlotte Rampling, «The Lost Daugther» di Maggie Gyllenhaal con Olivia Colman, tratto dal romanzo di Elena Ferrante «La figlia oscura», ecco «The Power of the Dog» di Jane Campion e «Spencer» di Pablo Larrain con Kristen Stewart nei panni di Lady D., «The Last Duel» di Ridley Scott, «Sundown» di Michel Franco e «The Card Counter» di Paul Schrader. Anche se è leggermente calato il numero delle registe in Laguna, i film al femminile sono molto presenti nel cartellone, né mancano i temi caldi come la guerra, il razzismo, la violenza di genere e la violazione dei diritti in ogni parte del mondo (emblematico il corto «Sad Film», sulla feroce repressione in Myanmar, che il regista ha dovuto firmare con lo pseudonimo Vasili). C'è anche la serie tv in anteprima: questa volta tocca a «Scenes from a marriage», riscrittura del capolavoro di Bergman che la famiglia del maestro ha affidato al cineasta Hagai Levi.

Apre il concorso, come si sa, Pedro Almodovar con «Madres Paralelas», interpretato da Penelope Cruz (anche in «Competencia oficial»). A Benigni e Jamie Lee Curtis i Leoni alla carriera. Tra le curiosità, il debutto nella regia di Simona Ventura con il corto «Le sette giornate di Bergamo». Salta, come già nel 2020, la maxicena di apertura per mille persone. La Mostra, annuncia Cicutto, sarà la prima rassegna importante a intraprendere il percorso di certificazione contro le emissioni di carbone: «Basta resilienza, quest'anno la parola d'ordine è sostenibilità». Comunque vada, sarà un successo. 

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