Woody Allen: «Ecco a 85 anni il mio omaggio al cinema»

Woody Allen: «Ecco a 85 anni il mio omaggio al cinema»
di Titta Fiore
Mercoledì 5 Maggio 2021, 08:44
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Un film sul cinema, ambientato in una rassegna di cinema e destinato alle sale cinematografiche: «Rifkin's Festival» è un Woody Allen in purezza, un concentrato di tutte le sue passioni e di tutti i suoi tic, un atto d'amore sconfinato per quella forma di spettacolo «più grande della vita» che a 85 anni il regista newyorchese non ha alcuna intenzione di abbandonare. E le serie tv? «Non le guardo» dice, «seguo solo lo sport e i notiziari. Però mia moglie, mia sorella e gli amici le vedono e so che sono fatte molto bene».


In uscita da domani in Italia con Vision Distribution, il film ha per protagonista un ex professore esperto della settima arte (Wallace Shawn, evidente alter ego di Woody) trascinato al festival di San Sebastian dalla sgomitante consorte (Gina Gershon), addetta stampa di un ispirato cineasta che gioca alla Nouvelle Vague (Louis Garrel). Intrecci sentimentali, ironia e soprattutto sogni «devozionali» ispirati ai capolavori degli amati maestri e realizzati con la complicità delle luci dell'amico Vittorio Storaro: da Fellini di «Otto e mezzo» a Orson Welles di «Quarto Potere», da Truffaut di «Jules e Jim» a Godard di «Fino all'ultimo respiro», da Bunuel di «Viridiana» al prediletto Bergman del seminale «Il settimo sigillo», con la morte incarnata da un esilarante Christoph Waltz. Insomma, il meglio del personale pantheon del regista. «Credo che il pregio principale di un film sia il linguaggio innovativo, il tipo di realizzazione artistica. Da questo punto di vista il cinema americano è rimasto immaturo, guidato com'è solo dalla logica del profitto, mentre i film europei sono più avanti, sia nella tecnica cinematografica che nel soggetto. Questa è la grande differenza. Quand'ero giovane volevo vedere solo film europei, quelli americani mi sembravano infantili e non ho cambiato idea».

In America, dove continuano a tenere banco le accuse di molestie, mai provate, da parte della figlia adottiva Dylan, «Rifkin's Festival» non ha ancora distribuzione, ma Woody non dispera: «Penso che questo film sia solo vittima della pandemia.

Quando è uscito molti distributori stavano fallendo perché la gente era chiusa in casa. C'è stato un grande stravolgimento nei meccanismi della distribuzione, ma abbiamo già ricevuto delle offerte e sono convinto che alla fine si vedrà anche da noi». Ma com'è stato il lockdown del regista? «Per me non è cambiato nulla. La mattina mi alzo e faccio sempre le stesse cose, scrivo nella mia camera, cammino sul tapis roulant, suono il clarinetto. Confinata in casa per la pandemia molta gente è impazzita, a me non ha dato fastidio, sono stanziale». E quando l'emergenza sarà finita, tutto tornerà come prima: «Resteremo quelli di sempre. Forse ci saranno persone che non vorranno più tornare in ufficio e preferiranno lavorare da casa, ma in sostanza avremo gli stessi desideri, le stesse ambizioni e le stesse debolezze». Quanto alla politica, «penso che Biden sia un buon presidente e stia facendo bene. Spero che ottenga la collaborazione dei repubblicani, per il bene degli Stati Uniti. Certo, è arrivato in un momento caotico, ma ora anche grazie a lui la pandemia sta regredendo, si riaprono i cinema, le scuole, i ristoranti».


Sul futuro del cinema, però, è pessimista: «Con l'emergenza sanitaria la gente è rimasta in casa e ha pensato di poter fare a meno della sala. Si è disabituata, accontentandosi dello schermo in salotto, che magari ha anche immagini nitide e un'ottima acustica. Ma quanto è diverso vedere Il Padrino o The Blues Brothers insieme a cinquecento persone in una sala buia, piuttosto che stare a casa sul divano con il telefono che squilla». In ogni caso, lui sta pensando a un nuovo film: «Ho già pronta la sceneggiatura da realizzare a Parigi, appena si ripartirà cominceremo a girare. Per ora posso solo dire che la storia guarda un po' a Match Point». Ancora una volta lontano da New York: «Non è che non voglia più lavorare in America, ma negli ultimi anni i finanziamenti sono sempre arrivati da investitori europei ed io ne sono felice, perché posso viaggiare con la mia famiglia e conoscere nuove culture».
 

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