La sua drammaturgia si era sempre appoggiata a una comunicazione intensa di autentica visceralità, con il pubblico si era trasformata in vera partecipazione corale specie nei momenti caldi identificabili con gli appigli e gli inesorabili spunti suggeriti dalla realtà sociale così turbinosa. Una messa in scena volutamente "contemporanea" che aveva scelto i misteri medioevali in base ai possibili riflessi politici, forzando i procedimenti di attualizzazione nell'individuare i referenti e la materia scelta. Sempre pronta, comica,blasfema, vitalissima. Le tappe principali di questa continua e operosissima macchina di prodigalità teatrale sono fissate in testi famosi come Gli arcangeli non giocano a flipper, Isabella tre caravelle e un cacciaballe, Ci ragiono e ci canto, Mistero buffò, Morte accidentale di un anarchico, IL Fanfani rapito,La storia di un soldato, L'opera dello sghignazzo .Prendiamo come test, tra la produzione maggiore, Il Mistero buffo del 1969. Tutti abbiamo nella memoria, grazie anche alla fortuna televisiva della pièce, l'istrione e superattore che, in modo vitale e affascinante, recupera un filone del teatro popolare, protestatario, maturato nei secoli all'ombra del teatro ufficiale.
Ovvero del potere da cui vuole distinguersi anche per l'uso dissacrante del dialetto e delle sua creaturale forza linguistica.
E' il Fo che si muove con straordinaria agilità di rifacitore nel repertorio comico, da Plauto alla commedia dell'arte fino ai meccanismi della pochade, del giallo, della farsa, del cabaret. Dentro questa gabbia che egli ha manipolato sapendo con Bergson che si ottiene la frase comica inscrivendo «l'idea assurda in un modello di frase stereotipata», la sua scrittura non è mai una vera scrittura. E' piuttosto una «costruzione del testo teatrale, un'impalcatura di fondo dentro cui scivolano tutte le componenti dello spettacolo: la scenografia,la regia, la recitazione. Su questa traccia insieme così solida e cosi elastica, il giullare si è sempre imposto con quell'irrisione dei potenti e quell'omaggio alla forza degli umili che cosi singolarmente aveva abbagliato gli accademici svedesi.