Addio a Quino, il papà di Mafalda la ribelle

Addio a Quino, il papà di Mafalda la ribelle
di Elena Marisol Brandolini
Giovedì 1 Ottobre 2020, 11:11 - Ultimo agg. 11:21
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Joaquín Salvador Lavado, in arte Quino, creatore di Mafalda, ragazzina saggia e irriverente, è morto ieri nella città di Mendoza, in Argentina, dove era nato il 17 luglio del 1932 e dove era tornato nel 2017 dopo la morte di sua moglie Alicia Colombo, stroncato da un ictus cerebrale all'età di 88 anni. La notizia della sua morte, annunciata dai suoi editori Daniel Divinsky e Kuki Miler, correva ieri mattina sulla stampa argentina e su quella spagnola nel pomeriggio. Perché Mafalda, in Argentina, è considerata parte del patrimonio culturale, così come la descrive il ministero della Cultura: un «Personaggio indimenticabile dell'umore grafico argentino, una bimba fuori dal comune rispetto ai ragazzi della sua età, per il carattere intelligente e incisivo delle sue domande, delle sue deduzioni e delle sue conclusioni. Mafalda, con la sua carica di temi politici, filosofici e sociali, funziona come un documento d'epoca».

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LA VOCAZIONE
E perché Quino è stato il vignettista più tradotto dallo spagnolo, come afferma la Real Academia Española ricordandolo su Twitter: «Ci ha lasciato Quino, creatore dell'indimenticabile Mafalda e uno dei disegnatori spagnoli più internazionali. Le sue parole accurate viaggiarono da una sponda all'altra dell'Atlantico grazie alle sue vignette e al suo peculiare senso dell'umorismo». Figlio di spagnoli originari di Fuengirola, in provincia di Malaga, repubblicani, emigrati in Argentina negli anni trenta, Quino seppe che sarebbe diventato disegnatore all'età di appena tre anni, quando si trovò per caso una sera affidato dai genitori a suo zio, che era un pittore e disegnatore pubblicitario e rimase affascinato da «tutto quello che può contenere una matita». Quino, che chiamandosi come suo zio aveva assunto questo soprannome per distinguersi, era un ragazzino timido e poco incline agli studi teorici. All'età di 12 anni perse sua madre, malata di cancro e appena due anni più tardi subì la perdita del padre colpito da un infarto. Neppure lui, d'altronde, godette di buona salute nel corso della vita: abbastanza presto era finito in sedia a rotelle, gli era stato diagnosticato un glaucoma, fu sottoposto a varie operazioni chirurgiche.
Alla morte dei suoi genitori, si trovò dunque a vivere con lo zio grazie al quale aveva scoperto la sua vocazione di illustratore, cominciando a disegnare i primi fumetti che provò a vendere senza successo a Buenos Aires, all'età di 19 anni. Dopo una breve parentesi a Mendoza, tornò nella capitale argentina e finalmente, nel 1957, cominciò a pubblicare le sue storie illustrate nelle riviste Esto es e Rico Tipo, fino a quando, nel 1962, non iniziò a lavorare per l'agenzia pubblicitaria Agens. E quello fu l'inizio della storia che lo portò a creare il personaggio di Mafalda. Volevano infatti fare una campagna pubblicitaria di elettrodomestici Mansfield e la consegna era che venisse rappresentata una famiglia argentina di classe media e che chi fosse stato protagonista della striscia avesse un nome che iniziasse con le lettere MA. Quella pubblicità non ebbe successo, ma nel 1964, di lì nacque il personaggio di Mafalda, sul quotidiano porteño Primera Plana, la ragazzina che sarebbe stata amata da intere generazioni di adolescenti in tutto il mondo, tradotta in 35 lingue, protagonista di 1.928 strisce, che mostrava il mondo degli adulti attraverso gli occhi dei bambini. Mafalda fu anche rappresentata al cinema in Argentina, prima nella versione di un lungometraggio con sonoro e poi in quella di cinema muto.

LA SCELTA
Nel 1973, Quino decise che non l'avrebbe più disegnata e fu irremovibile in questa sua scelta, nonostante i numerosi appelli esterni a riprenderne l'illustrazione. L'ultima vignetta di Mafalda fu pubblicata il 25 giugno del '73 su Siete Días. Si dedicò allora a un altro genere di illustrazioni con disegni che segnalavano la prepotenza dei potenti, pubblicate negli anni novanta da El País Semanal. Nel frattempo, aveva scritto moti libri: Potentes, prepotentes e impotentes, Quinoterapia, Gente en su sitio, Qué presente impresentable!, Yo no fui. Quino dichiarava spesso di sentirsi spagnolo più che sudamericano, adorava il flamenco e il vino della Rioja e ottenne la cittadinanza spagnola nel 1990 a Madrid, dopo un tentativo fallito nel 1977 presso il consolato spagnolo di Milano, dove era andato in esilio durante la dittatura argentina. Soggiornò anche in Spagna per brevi periodi; l'ultima volta nel 2014, quando gli fu consegnato il premio Príncipe de Asturias come riconoscimento alla sua opera.
Elena Marisol Brandolini
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