Ha dimostrato grande sensibilità nell’affrontare determinate tematiche ed è stato per tutti molto piacevole da ascoltare: l’attore, regista e sceneggiatore Sergio Rubini dopo diversi anni ritorna al Giffoni Film Festival con una calorosa accoglienza da parte dei giovani giurati.
Professionista a tutto tondo, con quattro film in uscita, racconta con grande naturalezza la sua passione per il cinema: «Tutto è nato quando avevo 15 anni. Nonostante provenissi da una famiglia semplice e lontana dall’ambiente, decisi di studiare recitazione. Da quel momento non ho smesso più». L’attore barese ha una media di 1-2 film all’anno: «Nel corso della mia carriera ho recitato in tanti ruoli. L’esperienza che ricordo con maggiore emozione è stata quando ho recitato interpretando il giovane Federico Fellini. Quando il Maestro mi incontrò per la prima volta, si complimentò perché somigliavo tanto alle mie foto. Teneva a farmi capire che è fondamentale somigliare a noi stessi e io ero uno dei pochi attori che ci riusciva. Questo suo commento mi colpì molto».
Sul tema del Festival di Giffoni, gli invisibili, commenta: «Nella professione di un attore è essenziale, necessario essere visibili.
L’instabilità è l’essenza per un attore: «Forse comporta proprio questo, ho imparato ad accettare i miei momenti di instabilità. Abbiamo tutti bisogno di sognare, soprattutto in questi ultimi tempi, quindi cerchiamo finali lieti; sta a noi “addetti ai lavori” scrivere storie che abbiano queste caratteristiche».
Chiosa, infine, con un pensiero sul cinema: «La sala è in crisi, non il cinema. Gli facciamo solo del male se diciamo così. Sono solo cambiati i supporti grazie ai quali guardiamo un film. Per esempio ora non si usano più i vinili, eppure la musica non è morta, è solo cambiato come la ascoltiamo».
Giffoni non ha dimenticato di festeggiarlo: dopo aver parlato con i ragazzi durante la masterclass, Sergio Rubini è stato premiato con il Giffoni Special Award.